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Temporary portraits

Anna Rosa

7/11/2017

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Anna Rosa Alesi [59], Visso (MC), 7 novembre 2017
Vivevo a Villa Sant’Antonio, o meglio a Piè di Villa. Sono lì dal gennaio 2016 perché avevo desiderio di tornarci a vivere. Vengo da Roma, e quindi ad agosto il terremoto mi ha impressionato ma non mi ha comunque fatto desistere da questa intenzione e da questo scelta, per cui ho continuato a stare lì, felice di starci. Invece ad ottobre, durante la prima scossa, quella delle diciannove e poco più, ero a casa, tranquilla, stavo cuocendo le castagne, avevo acceso il fuoco e dopo la prima scossa, ho comunque deciso di non lasciare la casa, son voluta restare, pensavo fosse una cosa passeggera, una cosa così… un po’ come quella di agosto. E invece poi alle 21 mi sono resa conto che forse la cosa era molto seria, molto grave e quindi malgrado tutto ho cercato di uscire da casa: non è stato semplice. Fuori pioveva, era notte, una sensazione di assoluto e disorientamento completo. Poi però uscita fuori ho visto che c’era tanta gente come me che cercava riparo dalla pioggia, che cercava di capire quello che stesse succedendo, e che insieme a me si è poi radunata in un piazzale a Visso dove, più o meno, abbiamo cercato di passare la notte tra le scosse, la pioggia e la paura. Dopo questa nottata, per qualche giorno, ho avuto la fortuna con dei compaesani di essere ricoverata in una struttura antisismica del comune di Visso, dove siamo stati per circa quattro giorni in comunità. È stata una bella esperienza perché ci siamo aiutati, ci siamo confortati e perché pensavamo di aver trovato una soluzione di vita, mentre invece poi siamo stati radunati, dopo la scossa del 30, e portati via: il sindaco ci consigliò di andarcene e noi, pensando di fare la cosa giusta, ci siamo spostati tutti da Visso. Nel mio caso sono stata trasferita in una struttura sulla costa, dove ho vissuto per 7 mesi, non senza difficoltà perché essendo io una persona sola, sono abituata a vivere da sola. All’inizio i miei amici son stati cari e m’hanno voluto veramente bene perché hanno condiviso con me la loro abitazione, ci avevano dato un bungalow piuttosto piccolo, ma poi dopo qualche giorno ce lo hanno cambiato e siamo andati in un bungalow più grande: abbiamo vissuto insieme qualche giorno perché subito ci siamo resi conto che la convivenza è una cosa piuttosto difficile. Difficile ma proprio perché non eravamo noi, eravamo un po’ qualcosa d’altro. Ci siamo separati, loro hanno fatto la scelta di trasferirsi in un’altra struttura e io sono rimasta lì da sola e ho avuto anche la fortuna di rimanere in uno spazio piuttosto ampio, per cui devo dire che non ho vissuto male se non per la distanza dai miei luoghi, se non per la preoccupazione di aver perso la mia casa, perché non l’ho detto ma la mia casa è crollata, e quindi i tanti pensieri nella mente.
M’ha aiutato questa iniziativa che avevo preso appena trasferita a Visso, cioè di frequentare un corso professionale per poter diventare un tecnico di trasformazione delle materie prime alimentari e di porre l’accento su quelle che erano e che sono le migliori, le eccellenze del nostro territorio, le Marche, perché il mio territorio sono le Marche, non il Lazio. Quindi questo corso ha fatto sì che occupassi un po’ la mia mente, il mio tempo e soprattutto che potessi trascorrere del tempo a Visso, cioè il mio desiderio era quello di stare più possibile a Visso perché questo mio allontanamento ha pesato a me, come a tutti, tantissimo. Per chi ama i nostri luoghi, per chi sente che quello è il proprio luogo, per chi si sente bene soltanto respirando quell’aria e guardando quei panorami, è molto importante riuscire a tornare anche per poche ore. E di fatto, io ho iniziato uno stage in una attività commerciale, per altro l’unica che era rimasta in piedi in quel momento a Visso. Ho iniziato questo stage che mi portava a Visso quattro volte a settimana per 8-10 ore al giorno. È stata una cosa molto importante perché ci siamo trovati tutti nella stessa condizione, tutti cercavamo di farci coraggio, di non piangere, chi più chi meno tutti avevamo delle crisi di pianto, considerando che il terremoto ancora si faceva sentire, e spesso. Abbiamo passato un inverno terribile, con la neve, con tanti disagi, ma pieno di calore, pieno di fratellanza, pieno di consapevolezza di avere le stesse preoccupazioni. E questo un po’ mi commuove perché mi dispiace che, superata questa prima fase di disorientamento, le persone sono tornate ad essere cattive, ad essere invidiose, ad essere gelose, a pensare solo a se stesse e a dividersi. Questa cosa di essere stati spostati dalla costa e frammentati, polverizzati in mille località di tutta la regione, ha fatto si che abbiamo perso anche il senso di unità, il senso di socialità, di comunità. Siamo lontani, non abbiamo possibilità di vederci, di confrontarci, di sentirci, se non tornando qualche volta a Visso, che peraltro è lo spettro di Visso, perché Visso è completamente cambiata e tutti stiamo prendendo coscienza del fatto che forse domani sarà una cosa diversa. Però vedo che l’unica cosa che ci accomuna è questo forte desiderio di tornare, questa necessità di tornare e malgrado le notizie di questi ultimi giorni, e cioè che queste famose SAE, queste casette non ci verranno consegnate neanche per Natale. Abbiamo sempre il desiderio di insistere, forse abbiamo perso la speranza, ma non il desiderio e la voglia di tornare nei nostri luoghi, nel nostro territorio e questa è una cosa che ancora, per lo meno, credo ci accomuni.
Adesso vivo qui a Colfiorito, da giugno, quindi sono già 5 mesi e probabilmente dovrò passarcene altri cinque o sei o sette, non lo so. Vivo in questa stanza. Per fortuna sono in campagna, a me la campagna piace per cui in questo senso sono stata fortunata: ci sono tanti animali, li adoro e questa segregazione così, un po’ forzata, perché vivere in un ambiente così piccolo non è semplice, e non è facile lasciarsi risalire, risorgere e spesso ci si lascia andare un po’ alla tristezza, si pensa un po’ alla propria casa, alle proprie cose. Io per esempio quando piove, penso sempre a quello che è rimasto lì sotto, ai miei ricordi. Ho capito l’importanza e la non importanza degli oggetti, per fortuna, e quindi ho imparato che gli oggetti sono cose che vanno e vengono, a cui non possiamo affidare completamente i nostri ricordi, ed è vero poi che i ricordi restano nel cuore, nella mente. Però c’è sempre un po’ di nostalgia e quindi alcune volte, quando piove, penso a tutto quello che sta lì sotto, che andrà distrutto, che è andato distrutto. Ma da un po’ di tempo non posso non pensare che questa forse è un’opportunità per iniziare una vita nuova, per lasciare andare anche tutti quegli aspetti che della mia vita che forse non erano proprio così soddisfacenti, o che comunque avrei voluto cambiare… e questo taglio netto dalla vita precedente a questa vita, che poi non è ancora quella definitiva, non è ancora quella proprio che desidero, credo che abbia fatto sì d’aver lasciato lungo questo percorso tutta una serie di cose che non avevano una grandissima importanza e che alle quali spesso diamo importanza eccessiva, relativa. Quindi malgrado tutto, malgrado i problemi spero davvero che possa riiniziare per me, per tutti, se riescono a cogliere questa opportunità, un modo di vivere nuovo, diverso, più leggero, più sopra le cose e soprattutto di riacquistare un po’ di fiducia nell’essere umano e nel prossimo, perché allo stato attuale devo dire che veramente è l’animale peggiore che esista… Hahaha… E qui mi sento proprio di dover fare un percorso lungo perché, insomma, non ho grande fiducia nel prossimo, ma neanche in me stessa, probabilmente perché è chiaro che anch’io avrò una parte di me, delle angolazioni di me, che non sono completamente giuste. Però ripeto, l’importante è che ognuno di noi si fermi a riflettere qualche secondo per capire se poi da tutto questo possiamo migliorarci, non migliorare soltanto le nostre case ma migliorare proprio anche la nostra umanità, i nostri sentimenti, il nostro essere uomini e dover lottare tutti allo stesso modo per andare avanti. Ecco, questo è.
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