Andrea Giuli [52] e Stefania Paternesi [53], Visso, 9 novembre 2017 Andrea: Io mi chiamo Giuli Andrea e purtroppo sono uno dei tanti capitati in questa situazione. Il 24 agosto casa nostra aveva retto bene e non ha subito danni, pensavamo di esserci salvati ma, purtroppo, il 26 ottobre casa nostra è stata distrutta, e da quella sera in poi non abbiamo più messo piede in casa. Abbiamo fatto un’odissea: siamo stati prima a dormire in macchina per qualche giorno, poi a dormire dentro gli spogliatoi del campo sportivo, poi con la scossa veramente bestiale del 30 mattina siamo stati costretti ad andare via tutti, e quindi siamo stati al mare. Prima in un villaggio, poi in un altro villaggio, poi Stefania col suo problema del lavoro, lavora qui a Visso in una fabbrica… Stefania: …alla SVILA… Andrea: …alla SVILA… ed aveva la navetta per venire su: erano tantissime le ore in giro e non ce la faceva più. Anche io avrei dovuto cominciare a lavorare qui a Visso con una ditta di movimento terra, e quindi siamo venuti… Abbiamo preso la decisione, la triste decisione, di dover venire dentro questi dormitori. Si pensava che qui ci si doveva stare qualche mese solo, noi siamo arrivati qui che era marzo, prima pensavamo che avrebbero consegnato le casette ad agosto, poi che le avrebbero consegnate a ottobre… adesso siamo a novembre e ancora stiamo qui. Non è facile vivere qui… Non è che uno si vuole lamentare, perché grazie a Dio abbiamo questa struttura, però siamo arrivati ad un livello di stress molto alto; non ce la facciamo più. Sappiamo che dobbiamo restare qui ancora qualche mese… Stefania: Se basta. Secondo me no. Andrea: Io penso che prima di febbraio non se ne parli, quindi sarà dura. Sarà dura vivere tutti i giorni, sarà dura… diventa duro il rapporto di coppia, diventa duro il rapporto con le altre persone, diventa duro tutto… tutto è duro. Poi ho avuto la sfortuna che sul lavoro ho avuto un infortunio, mi sono rotto una caviglia, e dal 14 settembre sono immobilizzato: immaginate voi, immobilizzato dentro a questa scatola, perché io la chiamo la scatola. E questo è quanto. I lavori vanno avanti, vanno avanti con fatica, di problematiche ce ne sono state tante, nessuno c’ha colpa perché poi non si può dare… Noi abbiamo il nostro sindaco [Paolo Pazzaglini] che sta facendo miracoli, però più di quello non può fare, e le date che lui ci aveva detto, erano quelle che avevano dato a lui: ma non sono mai state rispettate. Ad oggi stiamo qui, dimenticati, ed è duro. È dura, pensare a domani, è molto dura. Bisogna vivere giorno per giorno. Quello che dico sempre io a Stefania è alzarsi la mattina e impegnarsi a non andare fuori di testa. Questo. Lo scopo nostro adesso è questo: alzarsi tutti i giorni e tenere duro e non andare fuori di testa, perché qui si rischia proprio di andarci. Stefania: Io mi chiamo Stefania Paternesi, ho 53 anni. Con Andrea siamo una coppia, viviamo insieme e no, non è facile infatti stare qua dentro: è una cosa non bruttissima ma, tra poco ci si odierà pure fra di noi. Anzi, io penso che ci odiamo fra di noi anche a causa di tutte le condizioni in cui ci troviamo, non avendo neppure il bagno per conto proprio. […] È una cosa brutta, non… non m’era mai capitata e capisco adesso le persone cui è accaduto quello che hanno potuto provare. Se non lo si passa non ci si crede. Rimanere senza casa è una cosa… dipendere dagli altri… e poi non ti danno retta, perché ci sono le esigenze che hai e che non sono assecondate poiché non le vivono e non le capiscono. Io una cosa così non la auguro a nessuno di viverla. Andrea: Ma quello che bisogna pensare è questo: 7:40 di sera, stai a casa come tutte le sere normali, ti stai cucinando, stavamo cucinando la cena. Dopo 3 minuti eravamo fuori di casa. Stefania: È finita la vita. Andrea: Non avevamo più né una casa, né una cena e non avevamo più niente. Siamo usciti di casa quella sera, alle 7:40 e non siamo più rientrati. Casa nostra purtroppo ha subito dei danni molto gravi ed è da demolire. Non è crollata, quindi ci ha salvato la vita e questo grazie al Signore che ne siamo usciti vivi, come tutti, come tutta la popolazione di Visso, Ussita e Castelsantangelo sul Nera. Ad Amatrice purtroppo piangono quasi 300 morti. Questa è stata una grazia che il Signore ci ha fatto, anche perché il terremoto del 24 agosto, ci ha messo in allerta. Casa nostra non ci avrebbe ammazzato, però è da demolire: è scoppiata completamente. […] Immaginate questa cosa qui, con tre secondi, con quaranta secondi, con cinquanta secondi la tua vita cambia completamente. Avevamo una bellissima casa, bellissima per noi, comoda, con tutte le nostre comodità, avevamo 246 metri quadrati di casa, potevamo ospitare amici, potevamo fare cene, potevamo… cioè stavamo lottando con la vita di tutti i giorni, perché oggi nessuno qui sta a meraviglia, però noi avevamo tutto. Con trenta secondi non abbiamo più niente. Stefania: Ah di certo, con la vita che facciamo qui, in confronto a quella che facevamo prima… Adesso io fortunatamente lavoro, mezza giornata è occupata: quindi mezza giornata siamo fuori da qui, però rientri, ceni, noi ceniamo alle sette e mezzo, e alle otto vieni in camera, ti metti qui, naturalmente sul letto, ti guardi la televisione e dopo due secondi dormi: la vita è questa tutta la settimana. Anche perché fuori dove vai? Non c’è un bar aperto, non c’è niente… Adesso fa pure freddo, per cui… Non è che puoi andare chissà dove: dici esco dieci minuti, vado a prendere un gelato o qualche cosa. No. Assolutamente. Non c’è niente, c’è il coprifuoco. Freddo fa freddo perché ormai l’inverno è arrivato. Andrea: Alle 5 è notte. Stefania: Alle 5 si fa notte. Stai qui dentro. Eh… non ti puoi muovere più di tanto perché purtroppo, non purtroppo vabbè, è una cosa che poveracci pure loro… Qui abbiamo la chiesa, quindi ad una cert’ora c’è la messa, tutte le sere, e quindi, se uno vuole… Andrea: Non ho mai assistito a tante messe in vita mia. Stefania: …se uno vuole scambiare due chiacchiere in gruppo, non lo può fare perché la messa non è posta in un locale chiuso, ma è tutto aperto: non è che uno si può mettere seduto nel salotto davanti alla televisione con la messa lì a fianco, mentre dicono la messa. Di fatto ognuno è nelle proprie camere. In pratica siamo ognuno per conto nostro, neanche si può socializzare più di tanto. Però, come dicevo prima, anche se ci conosciamo tutti, ci odieremo tutti perché non ci potremo più vedere per quanto stiamo vicini e appiccicati tutto il giorno. Andrea: Io mi sono trasferito qui nel ’97 da Roma, perché amavo questo posto, perché mi piaceva proprio: ho vissuto il terremoto del ’97 e non ho mollato, e ho vissuto questo terremoto che in confronto a quello del ’97 non c’ha proprio niente a che vedere. Stefania: Beh, quello non c’ha buttato fuori casa. Andrea: Con quel terremoto non abbiamo subito nessuno stress perché, in pratica, siamo usciti di casa qualche notte per paura, ma siamo rientrati e non abbiamo mai avuto problemi, anzi ha portato lavoro, ha portato qualche vantaggio. Questo è stato distruttivo, tantissimo. Questo è il primo vero terremoto che, secondo me, da tantissimi anni questi posti subiscono: ma non mollerò, neanche per questo. Mi dispiace per chi c’ha le attività, mi dispiace… io dico sempre che noi non ci rendevamo conto, prima di questo terremoto, quanto in questo piccolo paese di novecento persone avevamo tutto a portata di mano e tutto quello che ci serviva: non avevamo bisogno mai di uscire da qui. Adesso ci troviamo che qui non abbiamo più niente, abbiamo solo questo posto per dormire, una mensa per mangiare, un bar che si è adattato a fare pure ristorazione… Però le montagne stanno ancora lì e quindi io non me ne andrò mai, anche se dovessimo rimanere io e lei da soli qui a Visso. Io non me ne andrò. Però è dura. È dura per noi, è dura per tutta l’altra gente. Stefania: È dura pure perché ci demoralizzano, perché ci fanno promesse, ci dicono cose. Anche per esempio queste casette: è passato un anno! Si può dire che abbiano iniziato i lavori a fine estate. Qui da noi l’inverno è rigido. Adesso come pretendono di poter finire queste casette? Come fanno? E se inizia a nevicare? Se inizia a piovere? Come pensano di poter finire le casette? E quindi, a quando va a finire? A primavera prossima noi potremo entrare dentro queste casette? Ti stressano con queste cose… Andrea: Ma comunque sia adesso, o a primavera, o un mese prima o un mese dopo nessuno lo può dire, dipende dal tempo, dipende se nevica presto o se il tempo è clemente. Però, comunque sia, ad occhio, vedere l’attuale situazione dei lavori, minimo altri due mesi e mezzo, tre mesi se tutto fila liscio, ce li vogliono. Considerate che Natale lo facciamo qui, gennaio staremo qui… io penso che i primi di febbraio, se tutto va bene, dovremo avere queste casette. È il nostro primo, è il nostro imminente obbiettivo. Raggiungere quell’obbiettivo lì è la cosa che adesso a noi ci preme di più , anche se poi non è una cosa che poi risolverà… Stefania: …i problemi… Andrea: …i nostri problemi, perché vivere in un villaggio… Dopo due anni che uno vive in un villaggio, attaccati l’uno all’altro, diventerà, non dico come qui, ma purtroppo diventerà sempre una cosa molto sacrificata, per noi e per tutti quelli che ci vivono. Stefania: Vabbè, però c’hai casa tua, per conto tuo… Andrea: Sì, infatti dico quello è il nostro primo obbiettivo. Siamo con la testa puntati a raggiungere lo scopo di entrare in questa casetta, poi… Stefania: …che non arriva mai… Andrea: …forse un giorno ritorneremo pure a casa nostra, forse un giorno. Io non ho la certezza matematica che riavrò… Stefania: …ci parlano di vent’anni… Andrea: …ho 52 anni, quindi non so se rivedrò casa mia finita, se non la rivedrò, se se la godranno i nostri ragazzi: non lo so quello, comunque il nostro adesso, il nostro scopo, il nostro obbiettivo, la nostra ansia è lasciare questo posto ed entrare in queste benedette casette, che tra l’altro sono fatte anche bene. A Gualdo [frazione di Castelsantangelo sul Nera] le hanno già consegnate e, a sentire chi sta dentro, sono casette fatte molto bene, si sta molto caldi, sono molto comode: è già un sollievo sentire questo. Insomma non ci sono problemi. Poi certo, non è casa tua. Non è casa tua. Stefania: Vabbè, comunque è sempre casa tua, perché ci stai tu da solo e non devi render conto a nessuno. Cioè stai per conto tuo. Non è come stiamo adesso che la mattina c’è… qui vivi in una comunità, quindi ci sono anche delle regole da rispettare, cosa che magari non tutti fanno, perché purtroppo la maggior parte delle persone che stanno qua dentro sono anziane, la mattina si alzano alle 6, parlano, sbattono le porte. Non pensano che magari tu, che ne so, stai dormendo perché la sera prima sei uscito dal lavoro tardi e ti vuoi riposare un po’ di più, oppure il pomeriggio ti vai a riposare perché te sei alzato alle 5. Andrea: Ma vabbè, la cosa è spiegabile in questo modo… Stefania: È stressante anche questo. Andrea: …è già difficile una convivenza con un’altra persona, immaginate voi convivere con altre 23-24 persone… Cioè… Stefania: Non è facile. L’odissea è stata quella. Io ho due figli: uno di trent’anni, uno di 27 anni. Uno è collocato a Colfiorito ed era rimasto qui a Visso fino a febbraio… Andrea: …fino alla terribile nevicata che ha fatto… Stefania: …che ha fatto, sì. Poi dopo se n’è andato… Andrea: …e viveva dentro una roulotte… […] Stefania: …al campo Bronx. Andrea: …dopo ha deciso di prendere l’autonoma sistemazione [CAS] e trasferirsi a Colfiorito. Stefania: L’altro invece sta a Macerata, perché lavora lì. C’è stato sempre, anche quando ha fatto il terremoto… Andrea: Già prima del terremoto viveva a Macerata. Beh ringraziando Dio c’abbiamo i ragazzi che sono sistemati molto meglio di noi, e questo, per noi, è un sollievo: almeno sapere che loro stanno… Stefania: …bene. Andrea: …bene. È un sollievo. È un sollievo. Per noi è dura. Per noi è dura, dobbiamo essere forti. Saremo forti perché ce la faremo, perché siamo anche montanari e noi montanari… Io, io sono… Stefania: Io sinceramente, non lo so… se ce la farò. Andrea: Noi montanari siamo forti. Perché io sono un montanaro nato per sbaglio al mare, quindi mi ritengo montanaro in tutto e per tutto. E quindi ce la faremo. Ce la faremo. Ce la dobbiamo fare. Stefania: Per forza. Andrea: Ce la dobbiamo fare. Dobbiamo essere… Stefania: Almeno per vedere queste casette, provare a vedere come si sta dentro. Mica dico tanto. Andrea: Ripeto che dobbiamo essere forti a non… a non farci sorprendere dalla depressione, o dall’esaurimento perché, vi garantisco, che è dura non cadere in depressione in questo anno. In tutte le fasi di questo anno, chi non ha subito conseguenze in questo è bravo. È bravo. Stefania: Fortunatamente ringraziamo Dio perché abbiamo un lavoro, perché è molto importante. Io faccio una settimana la mattina, una settimana il pomeriggio, quindi mezza giornata la passo al lavoro… La SVILA che non c’ha abbandonato e ha fatto subito i lavori, e così siamo potuti ritornare a lavorare subito… Andrea: E agli amici. E gli amici. Stefania: E gli amici che abbiamo perché ci sosteniamo a vicenda. Andrea: È molto importante. Gli amici sono molto importanti in questi momenti e noi li abbiamo e abbiamo potuto contare su di loro… gente che sta nelle stesse situazioni nostre, anche peggio. Noi bene o male viviamo in questa scatola, come la chiamo io, insomma è sempre… Stefania: … meglio di una roulotte. Andrea: … meglio di una roulotte e di un camper. Abbiamo amici che vivono in un camper e io li ammiro fortemente perché ancora riescono a starci. Però l’amicizia pure in queste tragedie è molto importante e noi… e noi abbiamo molti amici e possiamo contare su di loro e i nostri amici possono contare su di noi. È importante questo. Io ripeto: bisogna essere bravi e quando tornerà tutto alla normalità… Non devi subire lo stress che hai accumulato in questo anno, devi riderci sopra, scherzarci sopra, far finta che va tutto bene, farci forza l’uno con l’altro. È questo… Stefania: Cioè adesso uno vive e neanche se ne rende conto ancora… Cominciamo adesso a renderci conto della situazione, perché lì per lì, quando c’è stato tutto quel trambusto, cioè siamo stati spostati di qua, di là… Poi, sai, lì per lì uno non se rende mai conto delle situazioni, no? È dopo che, col passar del tempo che magari ti esce fuori tutto. Speriamo che ci passa via così. Insomma è stato un anno, come posso dire… di passaggio, così, una cosa diversa. La prendiamo così, ecco. Andrea: Un anno che cancelleremo dalla nostra mente. Stefania: Beh, no, dai. Cancellare no, perché tutto serve nella vita. Questa pure è una esperienza che può servire a farci riflettere su tante altre cose. Quello no. Perché ogni cosa serve. Però speriamo che non ci ricapiterà più, per lo meno finché saremo in vita. E auguro anche agli altri, ai miei figli, che non gli accadrà mai perché è tanto brutto. Io è una cosa che non auguro a nessuno. Andrea: Io spero solo che la ricostruzione sarà fatta in modo che in futuro le persone non dovranno più passare questa situazione, perché è vero che il terremoto grazie a Dio non ti ha ucciso, ti ha salvato la pelle, però credetemi che poi il disagio che ti crea dopo, nei mesi successivi e qui stiamo parlando di più di un anno ormai, è una cosa che… è una cosa dura da affrontare perché ti senti che non sei più niente, impotente. Devi adattarti a quello che hai e scordarti tutto quello che avevi prima e andare avanti così. Il disagio che crea. La ricostruzione deve essere fatta intelligentemente. Se dovesse succedere un’altra situazione del genere, qui è inutile negarlo ci troviamo in una zona ad alto rischio sismico, la terra trema e tremerà sempre e c’è quando esagera e quando è clemente, quindi la ricostruzione deve essere fatta in modo che la gente raccoglie due quadri, raccoglie due vetri per terra e rimane dentro casa. Questo è l’intelligenza, per me, del futuro di questi posti, perché sennò, non c’è futuro. Non c’è futuro. Perché fra tre, quattro, cinque, sei venti o trent’anni può risuccedere una cosa del genere e la gente si ritrova da capo a dieci… e quindi bisogna esser intelligenti. Ci sono oggi delle soluzioni antisismiche molto più moderne e bisogna usarle… bisogna usarle, in modo che la gente possa rimanere dentro casa propria, e non c’è più bisogno di starsene fuori. Questo. Anche perché se mi ricostruiscono una casa di pietra… io non ci rientro! Che poi non bisogna dimenticare un’altra cosa: il trauma che uno ha subito. La paura. E non è facile. Parecchie persone hanno la fobia di rientrare dentro una casa in muratura e questo pure è un fatto da non sottovalutare. Stefania: Pure noi non lo sappiamo perché… Andrea: Noi non lo sappiamo. Fino ad oggi, in un anno non ci siamo più rientrati dentro… Stefania: …quattro mura… Andrea: …una struttura in cemento armato o in muratura o in pietra che sia. Però sicuramente non dormirei tranquillo. Non dormirei tranquillo, se non so di stare dentro una struttura fatta con il vero criterio antisismico: non ci starei. Preferisco star dentro un container… capisci? Intervista video
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