Angelo Carolini (Carolo) [46], Sara Rizzi [49], Visso (MC), 15 dicembre 2017 Sara: Sono Sara Rizzi, sono nata a Roma ma vivo da venticinque anni qui a Visso, ed ho fatto in tempo a prendere anche il terremoto del ’97. Ho quarantanove anni e lui è mio marito Angelo Carolini… lui c’ha un po’ meno di me, l’ho preso più giovane… Angelo: Quarantasei. Sara: Quarantasei. E niente, come per tutti è nato tutto il 24 agosto con la prima scossa delle tre e mezza della notte, tre e trentasei per l’esattezza, e ci ha svegliati in piena notte. Io e lui stavamo bene, stavamo insieme. La mia preoccupazione è stata subito mio nipote che si trovava da solo a casa col papà, sempre qui a Visso, al secondo piano. Ho avuto un attimo di paura perché mia sorella lavorava in Croce Rossa a Camerino e non era presente quella notte, era in servizio notturno, quindi mi sono precipitata ad andare a vedere il mio nipotino come stava, poiché mio cognato, come in occasioni precedenti, quando sente le scosse si immobilizza e quindi la paura mia è stata: oddio stanno ancora in casa. Invece fortunatamente l’ho trovato giù al portone, si è fatto coraggio e l’ha portato via giusto in tempo, poi è caduta la specchiera sul letto: diciamo quindi l’ha tirato via abbastanza in tempo. La nottata è passata così: fra scosse continue, informazioni che non sapevamo dov’era l’epicentro, che cosa era successo, poi dopo quando s’è iniziato a sapere tutto, di tutte le persone che avevano perso la vita, di tutte le immagini in televisione che seguivamo con ansia nella speranza che qualcuno uscisse vivo e tutto quello che è avvenuto dopo, insomma c’ha fatto riflettere tanto e… A lui un po’ più. A me meno perché in quel periodo stavamo facendo dei lavori per ristrutturare un appartamento dentro la piazza di Visso: se ne stava occupando lui e mi ricordo all’inizio un po’ di mobili li avevamo già portati in piazza, perché, almeno per me, il terremoto era finito lì Lui invece era più preoccupato, aveva proprio paura di andare in quella casa, era una casa molto antica, è un palazzo del ‘400, quindi… Angelo: Palazzo vecchio, fatto a pietre. Sara: Palazzo vecchio, fatto e pietre e mi ricordo che… c’era questa situazione in cui doveva attaccare questa benedetta cappa aspirante della macchina del gas e tirava su questa cappa e gli faceva le scosse, rimetteva giù la cappa e se ne andava: quindi questa cappa continuava ad andare su e giù senza essere montata… Comunque piano piano abbiamo cominciato a portare i mobili, la situazione si era un momento tranquillizzata e il clou del trasloco l’abbiamo fatto il 26 ottobre pomeriggio! Verso le tre e mezza abbiamo cominciato e la sera verso le sette avevamo quasi terminato, il camion era quasi vuoto, erano rimasti dentro una stufa a pellet ed un armadio. Lui insieme a degli amici stavano finendo di sistemare le ultime cose sopra e io nel frattempo dico: adesso vado un attimo al forno a prendere un po’ di pizza e gliela porto, una Coca Cola qualcosa per ringraziarli pure dell’aiuto, perché qui in paese si fa tutto con l’aiuto degli amici. Vado a prendere questa pizza, appena torno sulla piazza, mi ricordo che ho.. sono uscita dalla macchina con questa pizza, improvvisamente ha cominciato a saltare tutto: sembrava proprio che i palazzi si staccassero da terra, poi l’illuminazione che aveva fatto nuova il comune, cioè non nuova… aveva pochi anni comunque era “nuova”, illumina da sotto i cornicioni verso per terra, quindi tutta la polvere e i pezzetti di tegola e queste cose, calcinacci che venivano giù, sembrava di vedere come dei tendoni bianchi intorno ai palazzi, non si vedevano più le finestre, non si vedeva più niente e io l’ultima cosa che mi ricordo sono le grida della persone che uscivano dal Bar Sibilla, mi giro e l’ultima immagine che ho prima che va via la luce sono le persone che scappano dal bar e la parete del teatro sopra che comincia a crollare: cioè io per un attimo penso de non avere respirato perché sentivo strillare, ho pensato «qualcuno è rimasto là sotto», ero convinta di questo! Poi è tornata la luce e ho visto che fortunatamente non c’era nessuno, tutti bianchi, chi addirittura rimetteva dalla paura, cioè è stata una cosa… Se la piazza la guardi con l’occhio di uno che là dentro ha subito una cosa del genere, ti rendi conto che non puoi scappare, cioè non puoi scappare perché sei chiuso. C’è questo campanile proprio sopra la chiesa che è in prossimità proprio della piazza, gli archi da cui possono cadere cose: cioè stai in trappola. Quando mi sono resa conto che loro erano usciti… Di’ come faceva addirittura il pavimento… Angelo: … eh, siamo usciti… Sara: … no, il pavimento che faceva tipo onde… avevamo messo il pavimento de legno e s’è inarcato tutto… Loro comunque sono riusciti a venir fuori e poi, per la seconda volta mi sono diretta a casa di mia sorella che purtroppo ha subito tutta la scossa con mio nipote dentro casa… Siamo usciti e siamo rimasti così: sotto quest’acqua battente che sembrava un diluvio, io ero fradicia persino fino alle mutande, ero bagnata dappertutto, l’acqua c’aveva proprio… Non sapevamo dove ripararci, perché non è che avessimo ombrelli. In un attimo s’è scatenato il finimondo: non ci potevamo mettere sotto i palazzi perché la terra tremava, non c’era un posto dove potersi riparare e quindi niente… “ce semo fracicati”. Dopo di che siamo andati nel garage della casa che stavamo lasciando e ci siamo riparati un pochino là sotto e in seguito, alle nove un quarto, adesso non ricordo bene il minuto, l’altra scossa che quella pure è stata veramente veramente forte. Anzi sicuramente più violenta e forte della prima. Mi ricordo che le macchine saltavano e si spostavano da sole… saltavano proprio, non è che ondulassero. La corrente è andata via di nuovo, s’erano staccati di nuovo dei cavi dalla centrale che avevamo vicino, facevano delle scintille, fulmini, di tutto, più l’acqua, più sentivamo quest’acqua che ha invaso tutta la Valnerina, eravamo proprio nelle vicinanze, come con quei camion che rovesciano i sassi, ma più intenso: «che cavolo succede qua!?». Abbiamo tutte montagne attorno, ti dici pure oddio, qui ci casca sopra anche qualcosa... Sono stati minuti proprio brutti: eh, sì proprio brutti. E poi niente, ci siamo attrezzati per la notte nelle macchine, tutta la popolazione si è attrezzata per la notte nelle macchine. C’era il piazzale davanti la Croce Rossa che era proprio pieno pieno, sembrava un drive in, pieno di macchine: chi accendeva, chi spegneva per scaldare un po’ l’abitacolo, con gli anziani, i bambini, tutti… Stavamo tutti in macchina. Tutti a dormire in macchina. Siamo andati avanti così due o tre giorni e poi dopo la popolazione è stata invitata a lasciare il paese perché le scosse continuavano, non c’era modo di sistemarsi, le tende non arrivavano e quindi in macchina era impossibile: per andare in bagno, per darsi una sciacquata e così siamo andati tutti agli alberghi. Solo che niente, io, lui non ci voleva stare, non ci voleva stare… anzi tu non sei venuto proprio la prima sera… Angelo: No. No no. Sara: Lui non è venuto proprio. Angelo: Io non sono venuto proprio, sono rimasto qua. Sara: Sono andata io, con mia sorella, mio cognato e mio nipote. Ho fatto una doccia, ho dormito quella notte, però il pensiero mio era tornare qua, lui [Angelo] stava solo e quindi sono tornata e da lì è nata questa odissea, che dura da un anno, di vivere in roulotte. Ci hanno donato questa roulotte, anzi a me questa me l’hanno proprio regalata: un signore di Varese, Daniele si chiama, ce l’ha portata con un camioncino, ha pagato i bolli e l’assicurazione, ci ha messo le coperte e ha detto «È vostra». Angelo: Ce l’ha attrezzata. Sara: Il passaggio, ce l’ha sistemata e… non me lo scorderò mai questo. Mai. Comunque prima della roulotte abbiamo dormito in macchina, poi abbiamo dormito nel cassone di un camion e infine in roulotte ma… questa roulotte quasi mi dispiace lasciarla, no scherzo, scherzo. È passato un anno, sembra ieri, però è passato un anno e adesso stiamo in attesa di queste casette… queste casette che… non lo so se si sente [nell’audio della telecamera] che piove, eh eh eh… si sente che piove e qui quando piove o tira vento non si dorme: l’acqua sopra al tetto è come se ti tirano la manciata de sassolini sulla macchina, uguale! Quando tira vento… Notti fa c’era il telo che ormai s’è strappato, adesso l’ho cambiato, e sembrava che si gonfiasse come una mongolfiera e penso: adesso si solleva pure la roulotte e non lo so dove mi parcheggia… è stata proprio una nottataccia. La sera prima eravamo a -10°C, non si dormiva perché era freddo, quella dopo un vento fortissimo, 13°C … cioè da un giorno all’altro… Abbiamo vissuto qui in questi pochi metri, insieme ad altre 25-30 persone, perché ogni tanto c’era qualche ospite e siamo tutti qui radunati intorno agli spogliatoi del campo da pallone, dove il sindaco ci ha permesso di appoggiarci, e viviamo qui da un anno. Siamo diventati una famiglia allargata. Siamo stati bene, abbiamo avuto disagi, perché comunque… Premetto, scelta nostra di stare in roulotte, perché ho sentito tanti dire «Eh, ma chi ve l’ha fatto fare? Potevate andare negli alberghi, potevate andare…» Senti io ci andavo spesso a trovare mia sorella, però non vedevo l’ora di tornare qui. Dovevo stare qui, vuoi perché c’era lui, vuoi perché volevo stare vicino alle cose mie, al posto dove sono stata, dove ho creato la famiglia mia, io e lui. Avevo bisogno di stare qui, anche se c’erano altre scosse, mi sentivo proprio che dovevo stare qui e qui sono voluta rimanere. Siamo stati qui, abbiamo vissuto, abbiamo scherzato, abbiamo pianto ci siamo arrabbiati l’uno con l’altro, però c’è stata sempre la voglia di fare pace tra di noi. Insomma i momenti ci stanno anche nelle famiglie vere e proprie, si discute, però nel cuore ci deve essere la volontà di stare bene e quindi facciamo pace subito… eh… andando via da qua perdiamo un po’ questa quotidianità insieme a tutti quanti e… però è giusto così, basta perché… basta. Sai che è, moralmente essendo in tanti ci siamo aiutati, però fisicamente è stancante: non avere uno spazio più grande dove poterti rilassare, anche solo dormire su questo letto con questo materassino basso, la tavola di legno sotto, insomma… dopo un anno mi sento dei dolori che non ho avuto mai: adesso vuoi pure che c’ho l’età, cinquant’anni eccoli eh... Però devo dire che vivere qui, l’umidità, il freddo, la notte qui dentro non c’è il bagno quindi ti devi vestire, devi uscire fuori e… con la neve, col fango, con l’acqua, col vento, con quello che è… quindi il disagio c’è stato, ce n’è stato parecchio. Io sinceramente non pensavo di rimanere un anno, anzi l’abbiamo anche superato, perché all’inizio ci dicevano a giugno-luglio tutti a casa, quindi un pochino sai… la speranza ce l’hai, la cerchi, la speranza che qualcuno ti dice «Sta tranquillo!» e quindi io c’avevo creduto, sono sincera: ho detto se proprio ritardano luglio-agosto, però non pensavo così tanto, non pensavo così tanto. Siamo andati avanti giorno per giorno senza sapere niente di certo e infatti sono queste le certezze che mancano: manca la certezza di quando tornerai a casa, la certezza che rimetteranno a posto il paese, la certezza che tutti torneranno, perché non è così. In primis mia sorella, mio cognato e mio nipote non torneranno: hanno trovato un’occasione, mio cognato di lavoro, e hanno deciso di rimanere via da qua. Questo m’ha… ho avuto un periodo molto brutto per questo, non si sapeva niente delle casette, loro che non tornavano: è stato un momentaccio, piano piano l’ho assimilato, però ci penso sempre. Io spero che adesso si sbrighino con queste casette, vediamo un po’, vediamo che si può fare. Io spero che quando entreremo almeno funzionano, perché dopo un anno… Quello che ho visto qui davanti… Io prego davvero che non succeda perché ti danno la chiave, accendi e si rompe… cioè mi viene proprio un coccolone. Tanto la roulotte non la sposto da qua che vedrai una settimanella-dieci giorni mi toccherà tornarci eh eh eh. Però siamo quasi in dirittura d’arrivo. Siamo quasi. Angelo: Finito. Sara: Eh eh eh Angelo: S’è stoppata. Sara: Ho parlato quasi senza, non lo so nemmeno io. No però… Un po’ de rabbia c’è, un po’ de rabbia c’è. Magari non è questa l’occasione, però ci sono state delle cose veramente… cioè io penso che veramente abbiamo rasentato, stanno rasentando, il ridicolo con tutto: cioè sette mesi di niente. Come dissero allora: sette mesi non hanno fatto nulla, cioè, noi non abbiamo visto niente ma io penso che questi sette mesi hanno trovato le aree, hanno fatto i progetti, hanno fatto i sondaggi nei terreni, poi arrivano, cominciano a fare le piazzole… la piazzola addosso al muraglione e non si aprono le finestre, quindi ricomincia da capo il progetto, vai su un terreno a sessanta centimetri trovano l’acqua allora fai tutto il drenaggio e passa altro tempo, cioè ma io, adesso, per carità non mi voglio mettere davanti a niente e a nessuno… Angelo: C’è stata gente incompetente. Sara: … però l’incompetenza tanta secondo me. Cioè qui c’è gente che ha fatto i progetti da chissà quale scrivania di chissà quale città, da dove? Gente che non conosce il posto. Non hanno dato potere al sindaco. Cioè Giuliano [Pazzaglini] è andato a scuola insieme a loro, vive qui, abita, ha sempre vissuto qui, ma meglio di lui, meglio di lui!? Quello che serve alla gente, alla popolazione, a tutto ma chi è che lo può decidere e sapere? Gente che sta fuori, da un’altra parte? Questo è sbagliatissimo, è sbagliatissimo. Ma qui c’è gente che ancora non sa neppure dove sta Visso! Cioè è impossibile, è una cosa ridicola, veramente ridicola! Cioè siamo arrivati al punto che c’è voluto più di un anno per montare le casette, entri dentro e salta per aria tutto: non è possibile! Ma prima di darle queste case, ma nessuno ha fatto un collaudo per vedere se funziona una caldaia, se funziona la corrente, se dai tubi esce l’acqua, se perdono? Nessuno fa niente, non hanno visto niente. Cioè io per carità, ma fai un lavoro? Ma lo provi! Non lo provi? Cioè prendi chiudi, ho fatto, ho attaccato, ho messo i tubi e vado. Ma non possibile no? Ma secondo me hanno assunto anche personale che, poveretti io non c’ho niente contro de loro, lo dico e lo ribadisco: qui c’è gente che ha lavorato sotto al sole, che adesso più no che sì lavora sotto l’acqua, mal pagati, poi non è che sto dicendo niente di nuovo perché è uscito fuori su tutti i giornali, su tutti i social. Cioè questi operai portati via, portati via… vengono da posti lontani a lavorare qui, sotto l’acqua, al gelo e poi sottopagati ma poi non sanno nemmeno dove mettersi le mani: ma noi li vedevamo, ci stanno costruendo le casette qui davanti. Ma li vedevamo! E poi? Tre operai su un campo con 40-42 case? Ma quando affittano a farle!? Ma quando affittano. Adesso perché s’è alzato tutto questo polverone mediatico ci sono più operai, adesso sono arrivati. Se tutto questo fosse stato fatto tre mesi fa, noi adesso stavamo dentro casa. Io adesso non dovevo andare a cercare i giubbotti, le cose e tutto quanto per stare qui dentro: già ero tornata a casa, già ero dentro una casa. Ero più serena, io come tanti altri. Adesso, forse, queste casette ce le consegnano il 23 dicembre… per carità… ma il 23 dicembre significa che le persone che stanno ancora sulla costa, che saranno contentissime di ricevere la casa il 23 dicembre, però non gli permetti di vivere il secondo Natale serenamente, e che secondo me questo è peggio di quello dell’anno scorso. Questi che ricevono la casetta hanno dieci giorni di tempo, cioè il 3 di gennaio se ne devono andare dalle strutture alberghiere dove sono ospitati e questo significa che tutte le feste se le devono fare avanti e dietro a portare le loro cose per allestire una casa e abitarci entro il 3. Allora mi dici «E allora che vuoi? La vuoi o no questa casetta?» Sì, ma me la dovevi dare un momento prima, fammela allestire, fammela sistemare, fammici vivere un Natale sereno. Non lo so. Per me è partito tutto male e sta finendo peggio. È partito tutto male e sta finendo peggio. E poi voglio dire, io tante cose addietro non le so, alcune cose per sentito dire e per carità de Dio, però… non è stata gestita bene, non è stata gestita affatto bene. È stata una catastrofe, perché tutta la gente, tutta la popolazione e le regioni colpite, per carità… è stata una catastrofe, ma non c’è stata una linea da seguire, non c’è stata! Non c’è stata! Catastrofe o no tu ti deve mettere a tavolino, creare una linea e seguirla! Con le priorità, con tutto. Ma non è possibile che qui per fare un sondaggio a un terreno ci hanno messo sette mesi. Per decidere, per fare un progetto, perché poi ognuno ce ne aveva uno, non è che uno ha fatto il progetto per tutti, ognuno ce ne aveva uno… ma è possibile che non ti puoi mettere con calma a fare un progetto, farlo bene e velocemente? Io ho sentito e letto dappertutto, ma questi quando si andranno a ricandidare per le elezioni, con che faccia andranno per le piazze e a raccontare che cosa? Cosa andranno a raccontare? Secondo me gli conviene mettersi lo stesso passamontagna che se mettono quando chiedono di pagare le tasse, secondo me è meglio, perché hanno perso fiducia, tanta fiducia. Assolutamente. Hanno perso tantissima fiducia. Stop. Intervista video
1 Commento
|