MAURO PENNACCHIETTI
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Temporary portraits

Sesta, Valentina, Mirco, Graziella

7/1/2018

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Graziella Pennesi [60], Mirco Santacchi [36], Sesta Caldarelli [90], Valentina Pandolfi [26], Camerino (MC), 7 gennaio 2018
Sesta: Cominciate voi no, che siete giovani.
Mirco: Comincia te, dai...
Graziella: Allora, io sono Pennesi Graziella, ho sessant’anni, ho già vissuto altri terremoti… diversi… Quello del ’97, che ero già fuori casa nel ’97 e di nuovo nell’agosto del 2017 si è…
Valentina: … [20]16…
Graziella: … si è ripetuta… si è ripetuto il terremoto e già in agosto la mia camera era inagibile e quindi mi sono adattata a dormire su un divano-letto in sala e sembrava che fosse finita lì la cosa e invece con il passare dei mesi c’è stato il terremoto, quello di ottobre, ancora più grande e devastante e quindi la mia casa ha avuto dei gravi danni e siamo andati poi a vivere momentaneamente a Senigallia, che la paura, l’agitazione, il fatto di non aver una casa e poter rientrare, eccetera eccetera, ci ha fatto vivere questa condizione così ansiosa e abbiamo preferito andare a Senigallia e staccare un pochino la spina. Siamo stati lì per un mese e poi ecco, siamo tornati, ci siamo adattati a questo container che è stato dato a mio figlio per lavoro e tutt’ora è più di un anno che ancora viviamo in queste condizioni, ancora siamo qua dentro con disagi… Ecco, le poche cose che uno è riuscito a prendere, perché tutto è ammucchiato, tutto è messo non si sa dove, viviamo in questa condizione così. E niente, anche mia madre che c’ha novant’anni e anche per lei la stessa situazione e poi vi racconteranno loro.
Mirco: Io sono Mirco Santacchi, ho 36 anni e anche io insomma… noi diciamo, a parte mia nonna, noi tre al momento del terremoto stavamo tutti sulla casa praticamente qui sopra dove abitiamo adesso e noi praticamente dal… io lavoro per l’ENEL e quindi io dal momento del terremoto sono partito subito in servizio. Addirittura il giorno [26] di ottobre sono partito in servizio insieme al mio collega senza essere reperibili, senza essere chiamati solamente sentendo il fatto che c’erano problemi a Visso siamo partiti ad Aiutare i colleghi reperibili, poi da lì niente, è stato uno stravolgimento totale perché poi, da quel momento in poi abbiamo lavorato le prime due settimane senza sosta tutti i giorni da lunedì a domenica senza orari, senza niente, quindi… le prima due settimane così… Per dormire mi sono appoggiato una volta su un capannone, un po’ di volte a Serravalle [del Chienti] dove c’è una palestra che fu donata nel terremoto del ’97 da [Diego] Della Valle e poi dopo successivamente, devo dire grazie alla mia azienda, ci hanno per… per qualche mese un camper, quindi siamo stati per qualche mese su un camper, sempre poi per motivi di servizio, perché poi per riuscire a lavorare in zona era impensabile lavorare dalle 7 di mattina alle 10 della sera e poi prendere e andare al mare e tornare su… Cioè, era impensabile… e quindi nel breve periodo, siamo stati… sono stato io praticamente su questo camper e poi successivamente col giusto tempo, sempre la mia azienda ci aiutato a posizionare queste strutture temporanee finché non ci vengono consegnate delle casette SAE [Soluzioni Abitative in Emergenza] e purtroppo ecco, a distanza di un anno e tre mesi circa dal terremoto, ancora siamo qua… ancora non si riesce a veder niente. Poi qui a Camerino, dove siamo noi, penso che prima di aprile non penso che ci verranno consegnate. Quindi la seconda invernata qui dentro con le dovute difficoltà, perché comunque noi le affrontiamo sia per un discorso di lavoro sia per un discorso che nessuno di noi vuole allontanarsi dalla terra nostra, perché comunque sia se tutti si allontanassero poi anche qua le attività con cosa lavorano se non c’è più nessuno: c’è bisogno anche di persone che stiano nel territorio. E quindi niente, io dal terremoto praticamente sono rimasto da solo perché la famiglia è andata tutta quanta a Senigallia e io… lei [Valentina Pandolfi] è la mia ragazza sta a Serravalle [del Chienti], io comunque ho lavorato sempre, non c’ho avuto modo né di telefonare, niente… Quindi solo lavoro per circa due mesi. Poi dopo niente, dopo c’ho avuto un problema, perché dopo che succedeva: si lavorava tutto il giorno, poi la sera che anche uno tornava c’era da scaricare i mobili sulla casa, da fare altri sforzi e, dopo circa tre mesi dal terremoto, mi sono venute due ernie cervicali e sono stato bloccato sul letto per praticamente due mesi, tutto quasi tutto l’inverno. Quindi diciamo, ci ha cambiato molto la vita. Noi adesso, mentre prima si andava su in centro a Camerino, adesso è tutta Zona Rossa… attualmente si tende a uscire poco. Si lavora… si lavora molte più ore rispetto a prima e poi diciamo tanto tempo per uscire come prima non c’è… Magari ci ritroviamo come con gli amici ecco, se torna qualche amico che è di fuori, così… sennò di norma si esce pochissimo, pochissimo. Poi non so. Vuoi dire qualcosa te?
Sesta: Parlo io, eh. Io sono Caldarelli Sesta, ho novant’anni, due volte che esco da casa per il terremoto e non je la faccio più, non se ne pole più proprio, guarda. È una cosa spaventosa e nessuno fa niente. Non è troppo troppo oziosa ‘sta faccenda? Che nessuno fa niente, che non se sa niente. Hanno fatto la cosa, tutte le ricerche, dice ‘mo cominciamo cominciamo, ma non comincia mai nessuno. Come se spiega ‘sta faccenda? Perché non cominciano? Per quale ragione? Non lo capisco io, non è che è tanto guastata, perché l’altra volta quatr’anni so’ stata fori io. Quattr’anni, dal ’97 siamo rientrati nel 2001. Adesso, un’altra volta, è più d’un anno, io c’ho novant’anni, non ne posso più. Guarda, non ne posso più. Non je se fa più, perché è disagio da tutte le parti, non sai do[ve] sta la roba, non te ritrovi, te se confonde le idee perché a una certa età se confonde pure le idee e sai che è? Che ce ne ‘rtornamo pochi a casa, eh? Penso proprio questo io. O lo fanno apposta, perché dice almeno se more un po’ de vecchi, non je damo più la pensione. Io penso pure questo. Sarò… Io so[no] pessimista de natura, però… però è proprio… guarda è sempre peggio, sempre peggio, sempre peggio. Ma che… che… che vita è questa. Questa è vita è? E tanti stanno lì a scià sulle Dolomiti, belli tranquilli paciosi, pieni di soldi: non pensano a li poracci che stanno a penà! Non ce pensano! Però, ogni nodo arriva al pettine.
Mirco: Detto marchigiano.
Graziella: Detto marchigiano.
Sesta: Eh, io non c’ho altro da dire, perché tanto…
Mirco: E dopo ci stanno i disagi, ovviamente, perché nonna, novant’anni, abituata comunque sia all’indipendenza sua a casa sua…
Sesta: Tutte le cose tue.
Mirco: … quando arrivi a una certa età è impensabile, come ad esempio vogliono fare i politici, di spostare gli anziani, li porti di qua, li porti di là… cioè quando un anziano arriva a una certa età, se ancora ha una sua indipendenza, non è più pensabile di spostarlo come fosse un pacco. Cioè, uno quando è giovane fai tutto, ma gli anziani vanno gestiti in una maniera completamente diversa se uno li vuole gestire in una maniera umana, altrimenti vuol dire soltanto portarli a morire alla fine, perché poi si appenano anche per cose…
Sesta: Futili.
Graziella: Futili.
Mirco: Futili.
Sesta: Delle volte anche per cose futili.
Mirco: Sì, sì.
Sesta: Delle volte te pija la pena. Non lo so se che se deve fa[re].
Mirco: Sì, perché poi la vita sul container, ecco sai…
Graziella: Spazi ristretti.
Mirco: … spazi ristretti, non c’hai i vestiti, tutto ammucchiato, tutto… cioè, comunque sia le case qua, i metri quadri qua so[no] pochissimi, quindi la vita è quella che è insomma.
Graziella: Poi un attimo ti cambia tutto, no? C’è una vita, una casa, un lavoro. Una stabilità. Una tua vita tutta bella disegnata e in un attimo non c’hai più niente: non c’hai casa, non c’hai il lavoro, non c’hai sicurezze, non c’hai un futuro. All’età mia, a sessant’anni, il lavoro quando lo ritrovo più nelle zone nostre, no? Sei disposto a muoverti, ma non c’hai vent’anni. Non c’hai trent’anni. Non c’hai quarant’anni. Quindi è tutto… l’età in cui dovresti cominciare a raccogliere i frutti della vita che hai vissuto, e invece di rimettere via, di ricominciare a inventarti senza sapere neanche come. Poi vivendo rinchiusi qua dentro, non c’hai nemmeno tanta possibilità di andare in giro, perché dove vai? La città non c’è più. Non ti muovi più. Non hai più una vita. Quindi completamente cancellato quelle che erano le tue abitudini, anche le più semplici, le più stupide, no? Quindi ti ritrovi che dici, che senso ha tutto questo? Cioè…
Sesta: La dignità.
Graziella: … il senso della vita, no?
Sesta: Te levano la dignità.
Graziella: E non vedi il futuro! Poi io sono una persona ottimista, che cerca sempre il lato positivo. Cerco sempre di trovare i miei spazi e non toglierli, però è sempre una vita non vissuta, e chi te la ridà? Chi te li ridà questi anni? Nessuno.
Sesta: Io non lo so di chi è la colpa. Lu terremotu naturalmente è naturale, non se po’… Ma che non te danno quell’’aiuto, quel non so che d’affetto, d’amore, de pazienza… Niente. Non vedi più nessuno. ‘Mo per le elezioni vogliono il voto. Capito? Mmm! Non se ne strefregheno. Chi c’ha li sordi se ne strafrega de li poracci. Te lo dico io che ho vissuto anche la guerra. Ne so checcosa [qualcosa]. Lasciamo perde[re] per carità, lasciamo perde[re] tanto, tanto a che serve di[re] ‘ste cose. Tanto chi te sente? Chi te vede? Per me non serve! Non te vede nisciuno, non te sente nisciuno. C’è un menefreghismo nel mondo che ‘rconsola l’anima.
Graziella: Però non va bene nemmeno far passare tutto nel silenzio, comunque no? È sempre una voce che uno tira fuori. Sempre…
Sesta: Fanno tutti come je pare. Chi c’ha li soldi se ne strafrega de noialtri poracci, te lo dico io.
Graziella: Ma è normale. Se vivessi in quelle condizioni, probabilmente la vita la vivi… Il disagio. Il disagio di per sé, se uno non lo vive… Anche a Camerino, dicevamo con altre persone, che non ha perso né la casa né il lavoro, lo vive ma lo vive parzialmente e non si riesce a rendere conto di quello che significa la perdita di tante cose…
Sesta: Perdi tutto.
Graziella: … come quando successe all’Aquila: ti fanno pena, ci pensi, ma non lo vivi sulla tua pelle. È diverso: tu lo puoi raccontare, li puoi vedere, puoi star male vedendoli, dir «Pora gente»… ma quando lo vivi in prima persona e hai questo cambiamento radicale di vita e quindi vivi una vita non vita, è un’altra cosa! E non facile far capire questo. Per me è impossibile, cioè uno dovrebbe, come tutte le situazioni poi… si giudica, ma se non le vivi non puoi giudicare: dovresti vivere quella vita, quell’esperienza… no? So’ tante! Poi sono sommate già ad altre storie, quindi… già altri terremoti, altre case lasciate, quindi… Io sono divorziata quindi già il cambio di vita lì, quindi scegli di vivere in periferia per avere una tua tranquillità. Poi ti ritrovi che sistemi la casa, spendi i soldi, crei il tuo nido e poi in un attimo non c’è più e quindi questo è emotivamente…
Sesta: È un disagio continuo.
Graziella: … anche se uno cerca di non essere attaccato alle cose…
Sesta: È un disagio continuo.
Graziella: … alle cose terrene, no? Ho una testa, quindi non sono così attaccata, però il disagio comunque lo vivi. Dici, casa mia dev’esse[re] questa, pochi metri quadri: ci vivo bene, non mi lamento, comunque vado avanti, cerco sempre di non piangermi addosso, di non lamentarmi altrimenti poi non vivresti bene neanche questi anni nel disagio, quindi cerco di vivermi bene questi anni comunque, col disagio… e poi si vedrà. Se miglioreranno, lo vedremo… Se peggioreranno lo vedremo al momento, quindi… si vedrà.
Sesta: Ma dopo, tanto, dopo che abbiamo detto tutto questo… sente qualcuno? Non credo. Non serve.
Mirco: Comunque è pubblicato su internet.
Graziella: È una voce.
Sesta: Sì, ma non serve. Non serve, Mirco.
Graziella: Tutto serve, è sempre una voce. È forse un modo per far capire forse il disagio che uno non vivendolo non capisce, no? Se tu non lo spieghi, non è… Anche se non lo vivi non lo capisci, però anche una piccola parte di quello che uno dice resta.
Sesta: Ma chi lo deve capì? Chi lo deve sape’[re]? La persona cuscì, che poretti, può darsi pure che ti danno compassione, che io non la voglio e non l’ho voluta mai la compassione, perché io so[no] orgogliosa…
Graziella: E tanto! Eheheh
Sesta: … allora, però, m’hai capito? Ma chi dovrebbe sentire non sente. Quello io parlo! Chi dovrebbe sentire non sente. È sordi! Pazienza.
Graziella: Valentina, lei che dice?
Sesta: Tanto do va?
Valentina: Io mi chiamo Valentina Pandolfi, ho quasi 26 anni, e al momento del terremoto diciamo che ho un po’ seguito questa famiglia, che fondamentalmente è la mia famiglia. È la mia seconda famiglia. Quando Mirco già dai primi momenti, dalle prime scosse, i primi problemi che sono insorti al lavoro, diciamo che ci siamo sentiti a strozzi e bocconi, come si può dire. E non dico che non sono stata in pensiero, perché penso che chiunque sarebbe stato in pensiero per le persone a cui stava a fianco, che ha a fianco, e quindi ho cercato già di sentirle sin da subito. Soltanto che c’è stato il panico e la paura era tanta, quindi ci siamo sentiti poco anche per messaggi, abbiamo potuto constatare che stavamo tutti bene ed è stato bene così. Poi quando a Mirco gli hanno portato il container, che non aveva vicino i suoi familiari, diciamo che l’ho affiancato un po’ come avrebbe fatto qualsiasi compagna nel momento del bisogno preparandogli la cena e facendogliela trovare nel camper i primi che aveva il camper. Dopo di che è stato anche un po’ un riavvicinamento sotto quel periodo, anche perché non potendolo vedere spesso come si poteva fare prima, ne ho anche approfittato: gli facevo quelle lavatrici, così aveva i cambi, come continuo un po’ a fare adesso un po’ per tutti…
Graziella: Comprato i vestiti perché non c’aveva niente.
Valentina: … comprato indumenti perché ovviamente casa era inagibile e… è inagibile… e non poteva entrare, un po’ per la paura, e un po’ non sapevo neppure le condizioni in cui era.
Mirco: Faceva le scosse ogni minuto, quindi…
Valentina: C’erano scosse continue…
Mirco: Ogni cinque minuti una scossa forte.
Valentina: … e quindi dalla paura mi sono adoperata e ho detto, qui c’è bisogno di farsi valere un po’. Come adesso qua non avendo tutte le comodità, ogni tanto faccio avanti e dietro facendo le lavatrici per tutti noi, perché ovviamente, dicono è un optional però la lavatrice… qui stendere non puoi stendere…
Sesta: Ma non c’è manco la lavatrice. E poi dove la metti?
Valentina: … e poi lavare è un po’ impossibile perché ci sono posti…
Graziella: Ristretti.
Valentina: … ristretti… e quindi non è poi tutta questa comodità che uno può pensare al di fuori. E io facendo avanti e indietro quasi tutti i giorni tra Serravalle [del Chienti] e Camerino, mi sto adoperando un po’ nell’aiuto di questa famiglia, anche perché mi fa piacere a me farlo e penso che siano contenti anche loro di un piccolo aiuto che fa sempre piacere.
Graziella: Hanno iniziato la convivenza dentro al container. Eheheh. La loro convivenza è nata nel container.
Sesta: Io ero una gran signora a casa mia. Stavo bene ancora. Mi facevo tutto da sola. Tranquilla.
Graziella: Anche adesso.
Sesta: Ma ci voleva il terremoto per farmi diventare una bestia.
Graziella: Eheheh.
Sesta: Guarda, è una cosa pazzesca. Mica ce se crede. Non ce se crede quello che se pena. Non poi uscì, non c’è nessuno qui… Io, se vanno loro a lavorà[re], io rimango qui da sola. Qui. Dalla mattina alla sera. Se rende conto lei? Sola. Dentro qui. Dove vai? Che fai?
Mirco: Dai da mangiare al pettirosso.
Graziella: Da da mangiare ad un pettirosso.
Sesta: C’ho un pettirosso che gli do le mollichine lì davanti.
Graziella: Era piccolino, magretto… adesso è bello cicciottello.
Sesta: Beh, mica…
Mirco: Non je la fa più a volà[re].
Valentina: Abbiamo anche le foto che testimoniano che mangia.
Sesta: … ma mica va in nessun posto. Vede a me, non va in nessun posto. Gli passo vicino e non si muove.
Mirco: No. Aspetta che gli dai a mangià[re] veramente.
Graziella: Ah, poi con la neve alta c’abbiamo avuto il lupo davanti la porta…
Sesta: È bello, guarda.
Graziella: … un lupo proprio.
Sesta: È bello la natura de vedé[re]
Mirco: Eh, l’anno scorso, dopo il terremoto, ha fatto 2 metri di neve.
Graziella: Due metri di neve. Siamo rimasti isolati e c’è venuto un lupo, eh…
Sesta: L’anno scorso eh.
Mirco: C’ha dovuto liberà i militari.
Graziella: Poi i caprioli, ogni tanto c’abbiamo qualche visita.
Mirco: Eh, vabeh, stiamo in campagna, è normale.
Valentina: Inaspettata.
Graziella: È stata inaspettata.
Mirco: Il lupo magari un po’ più particolare.
Sesta: Solo che a me fa piacere che le bestie so[no] più umane delle persone. So[no] più gentili, più bone, più… La natura è molto diversa dalle persone. Adesso siamo diventati un po’ bestiali, tutti. Non lo so perché. Sarà il modo di vive[re], questa fretta che c’abbiamo tutti, per corre, per jì dove non l’ho capito.
Mirco: Mmm.
Sesta: Non l’ho capito per jì dove. Che annamo tutti lassù.
Graziella: Quando ci andiamo lo vedremo.
Sesta: Mmmm.
Graziella: Adesso cerchiamo di star bene qui, con quello che uno c’ha, cerca di vivere al meglio. Sennò butti via gli anni… così. Prima li butta via per un motivo, poi per un altro… stai sempre a vedere quello che c’avevi, quello che non c’avrai. Viviamolo oggi, poi si vedrà. Preferisco vivere bene oggi invece che pensà[re] quello che sarà domani o è stato, altrimenti stai sempre male, quindi… Io la vivo così. Anzi, abbastanza serena.
Sesta: Lei c’ha la filosofia, io invece no. Io so[no] una bestia.
Graziella: Eheheh.
Mirco: Eheheh.
Valentina: Eheheh.
Graziella: Ognuno di noi lo vive a modo suo. Ognuno lo affronta…
Sesta: Non è che non affronto, ne ho affrontate tante io.
Graziella: … eh, ognuno l’affronta a modo suo, però non siamo tutti… tutti diversi.
Sesta: Ma quante ne ho affrontate figlia mia. Questo non ce lo volea, no? Sulla vecchiaia uno ha bisogno de pace, de tranquillità, de serenità, de comodità, di tutte queste cose. Non c’ho niente.
Graziella: E lo ritroverai.
Sesta: C’ho un po’ de amore loro e basta. L’amore della famiglia.
Mirco: Te pare niente?
Sesta: È tanto, per carità.
Graziella: Stavi da sola. Adesso guarda quanti ce n’hai appresso
Valentina: Dai Marì, di la verità, che te sei ringiovanita con lo star con noi.
Graziella: Eheheh.
Sesta: Ma che me so[no] ringiovanita! Me so[no] rincoglionita.
Valentina: Ahahah.
Graziella: Eheheh.
Mirco: Ne hai fatti due de terremoti… Pensa non c’è due senza tre.
Valentina: Ahahah.
Graziella: Eheheh. Speriamo de no.
Sesta: Poracci. È meglio che lascia perde[re].
Mirco: Eheheh.
Valentina: Eheheh.
Graziella: Eheheh. Non ne parliamo.
Sesta: Non ne parliamo più, per carità. In tempo di guerra non c’era filo, né da mangiare, né vestiti… Sai mamma con che m’ha fatto un vestito? Con le fodere dei materassi. L’ha tinti dentro un caldaio di acqua bollente e me c’ha fatto un vestitino. Non si trovava niente, emo [abbiamo] penato che non te dico. Adesso me ‘rtrovo… lascia perde[re] va là. Per carità.
Graziella: Beh, loro vengono dalla guerra.
Sesta: È una cosa pazzesca, guarda. C’avevo tre fratelli tutti e tre a fa[re] li militari. Due del 17’ e uno del ’15 richiamato.
Graziella: È passato.
Sesta: Quante n’ho passate, quante. A vedé[re] mamma sempre con le lacrime sull’occhi. Puf! Per carità!
Graziella: E oggi ce stai te con le lacrime sull’occhi. Eheheh.
Valentina: Eheheh.
Sesta: Oggi so[no] io, eh.
Graziella: La vita è ‘na rota.
Mirco: Ostia se si forte. Con tutte quesse che hai passato, se non eri forte non l’avevi passate
Graziella: C’ha novant’anni.
Sesta: Eh no, ‘mo so[no] stata forte, sennò a novant’anni non c’arrivavo…
Graziella: Così.
Sesta: Non ce pensare. So[no] stata forte, e proprio perché c’ho un carattere forte che je la faccio ancora a reagì[re].
Graziella: E va bene. Concludiamo così
 
Intervista video
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