Luana Francia, Luciano Casoni, Muccia (MC), 21 dicembre 2017 Luana: Mi chiamo Francia Luana, sono di Muccia, vivo a Muccia da quando sono nata, insegno nelle scuole elementari e dal 26 ottobre siamo, sono fuori casa. Abbiamo vissuto in dormitori tutti insieme, dove eravamo venti persone con un bagno in una casetta vicino la mia casa, una casetta di legno. Poi ci hanno fatto la scuola materna e siamo andati in un’altra struttura, sempre dormitori insieme ad un’altra famiglia con un bagno in comune per tre o quattro camere. Finalmente il 1° dicembre ci hanno dato questi dormitori-container che inizialmente erano i dormitori, che ancora non avevano tolto, degli operai della superstrada (SS77), ed è stata la nostra fortuna perché in questo modo tante persone sono potute rimanere qui senza dover andare al mare o in altri paesi. All’inizio è stato il sogno avere un bagno mio qui con la nostra famiglia, tutti e quattro, il bagno nostro e non condiviso… Solo che è un po’ stretto. Abbiamo mangiato e mangiamo ancora a mensa, gestita dai carabinieri: mangiato sempre bene per carità, però neve, tempo buono, caldo siamo sempre dovuti uscire per la colazione, pranzo e cena. Io ho passato il primo periodo di paura, di terrore del terremoto: c’era proprio il terrore quando veniva notte, del terremoto: era proprio terrore e basta. Di giorno uno usciva, si stava in compagnia, più si era meglio era… perché comunque le scosse, ci sono state molto, forti… anche quella del 30 ottobre. E quindi c’era proprio il terrore, e poi s’è passato in una fase che sentivi meno le scosse, oppure più leggere, per quanto mi riguarda era una fase di depressione: passare le giornate in questo letto, con il caldo che non si poteva uscire, andavi a mangiare, tornavi su. Tutta la giornata passata così. Poi c’è stato un risveglio, dopo l’inizio della scuola: il tempo era meno caldo quindi ho cominciato ad uscire e adesso qui dentro ci vengo solo a dormire: non riesco più a stare qui dentro. Esco. Domani abbiamo la consegna delle casette e speriamo che funzioni tutto… e appena uno l’ha sistemata… abbiamo questa consegna domani mattina… Luciano: Io mi chiamo Casoni Luciano, nato a Camerino, sposato con lei dall’86. Abbiamo vissuto qui a Muccia, prima in una casa in affitto poi, dopo tanti sacrifici, abbiamo fatto casa nuova ma purtroppo il terremoto ce l’ha tolta. Sembrava di star bene e invece adesso siamo rimasti senza casa, lei aveva un’altra casetta della madre che era morta, e pure quella è distrutta e siamo rimasti dentro a questo… a questo scatolone, come lo chiamo io. Io forse ci sto poco qui perché lavoro con la ditta fuori da Muccia, quindi vado via la mattina e torno la sera. A me da sì quel senso di…, ma quando torno qua dentro… sto qui. Faccio anche parte della protezione civile di Muccia: se non sto qui dentro sono in giro o con la protezione civile o col lavoro, quindi ne ho risentito sì parecchio del terremoto, perché ha toccato forte pure me… però ho reagito diversamente, capito? Forse ho trascurato più lei e ho pensato più a quest’altre cose, però adesso siamo arrivati a questo punto, speriamo che con queste casette che devono consegnarci di poter andare avanti. Poi piano piano se si riesce a ricostruire queste case… Io essendo del settore perché sono dell’edilizia, vedo che è ancora tutto fermo, anche le piccole cose, non c’è niente da… Adesso sono quattordici mesi e non s’è mosso ancora niente. Non lo so come andremo a finire, le case nostre… comincia a essere… comincia a essere una cosa un po’ pesante, non è una situazione da piccole riparazioni… non lo so fino a che punto s’arriverà… quanto tempo bisognerà stare dentro quelle casette, che poi tanto alla fine sono sempre container… col cappotto perché… Speriamo che resistano qualche anno perché… sono strutture… Luana: … anche perché le chiamano Soluzioni Abitative d’Emergenza… Luciano: … provvisorie… Luana: … ma uno ci dovrebbe stare anche dieci anni… quindi non è più l’emergenza. Qui nel container sì, i disagi erano tanti, vivere insieme ad altre famiglie, che se fanno rumore non dorme nessuno, dividere tante cose a mensa, fare questa vita di società che all’inizio aiutava, però entri ti guardano se stai seria perché stai seria, se ridi perché ridi… Ormai in questo periodo non m’importa quello che dicono, sinceramente… però la vita in comunità non è proprio il massimo, anche perché io è da sei anni che stavo sempre dentro casa. Sei anni fa sono morti mio fratello e mia madre nel giro di tre mesi, ho avuto molte cose da fare, brutte. Sono stati dei traumi anche quelli comunque, esperienze negative e mi ero chiusa nel mio guscio, avevo questa villetta, stavo bene lì. Il terremoto m’ha fatto uscire. E adesso… la vita può cambiare in trenta secondi e oggi ci siamo e domani no e allora vivo oggi e vivo bene oggi. In questo momento sì. È forse un’arma di difesa da quello che uno ha passato, perché se il terremoto non c’ha ucciso, non ci possiamo uccidere da soli. Bisogna reagire, e allora sempre con il sorriso. Luciano: Speriamo de andare avanti, se si può fare… se col passare del tempo migliorano le cose o peggiorano. Io non lo so, è tutto una cosa… passa oggi passa domani, poi vedremo. Intervista video
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