Pierfrancesco Gallo, Peco [47], Ussita (MC), 16 ottobre 2017 Da undici anni vivo qui ad Ussita. Con la prima scossa, quella del 24 agosto, la mia casa era già diventata inagibile. Eravamo io, mia moglie, e due cani.. Mi è appena arrivato un messaggio che il 10 novembre ho la prima udienza di separazione, di cani una è morta quindi ne è rimasta una sola che sta qui con me in camper. Dal 24 agosto siamo andati, un po’ sbattuti, cercando una soluzione provvisoria anche al mare, e infine abbiamo preso una casa in affitto in una frazione di Ussita, Cuore di Sorbo. Alla prima scossa, alle 19 del 26 ottobre, stavo festeggiando a Visso, in una condizione già abbastanza drammatica, una donazione da parte di una banca ai suoi clienti, tra i quali io, che mi ha permesso di comprare integralmente questa casa su ruote in cui vivo da un anno prossimo il 3 novembre. Scappo su da solo a prendere i cani e le cose nella casa in affitto che è sotto il Monte Bove, dove prendo la seconda scossa, quella delle 21: non ho mai avuto tanta paura in vita mia, strillavo come un bambino di 10 anni. Da lì la vita si è complicata molto. La scelta del camper è stata fatta in due con mia moglie, ma dopo 20 giorni d’inverno… Forse d’estate in vacanza si può fare ma in una situazione complicata è veramente complicato e difficile. Non ce l’ha fatta e se n’è andata. Sono rimasto a Ussita perché anche la mia attività l’ho portata undici anni fa a Ussita insieme a me. A cinquanta metri dal camper c’è il mio ufficio che ovviamente è inagibile e molti macchinari li ho dovuti buttare: io mi occupo di digitalizzazione di archivi storici. La risposta più pronta ovviamente dai parenti e amici, ma le risposte veramente pratiche, che mi hanno permesso di andare avanti, sono state questa donazione da parte di una banca e i miei clienti. Pochi ma buoni, storici, quindi parlo di Vaticano, Archivio Storico del Quirinale, l’Università di Macerata che si sono veramente sbattuti per cercare di offrirmi un posto dove portare le attrezzature e continuare a lavorare. Dopo quattro mesi di completa inattività sono riuscito a portare un 30 percento delle attrezzature in Vaticano, e quantomeno ho ricominciato a lavorare: da sette dipendenti adesso ne ho quattro, ma almeno quelli riusciamo a più o meno pagarli, più o meno nei tempi. I tre che non ci sono più ovviamente erano di Visso, perché purtroppo lavoravano qui. Adesso stiamo cercando di ripartire con il lavoro, se ce la faccio proprio con l’Archivio Storico di Visso e di Ussita: questo mi permetterà di rimanere in questo posto maledetto che è bellissimo. Per questo non me ne vado. Credo che stare qui, prima di tutto personalmente, a me serve perché faccio una vita che altrove non potrei fare, immerso in una natura meravigliosa che mi consente sia di lavorare che di vivere all’aria aperta. Poi il fatto di rimanere qui, credo stimoli parzialmente chi dovrebbe lavorare per noi a lavorare per noi, vedendo che c’è la gente che qua ci sta e ci vuole tornare e non ce so’ né santi né madonne: si mettessero in testa che quello che si sono presi se lo sono presi punto, quello che ci devono dare ce lo diano nei tempi e poi ci facciano fare: case più sicure e possibilmente più belle cercando di eliminare il brutto. Questa potrebbe essere una opportunità per ripartire in modo migliore, non in modo peggiore, non ripartire da metà ma ripartire dal cinquanta percento in avanti, una ricostruzione lungimirante, come se fossimo nel Nord Europa. Una cosa impossibile ma… ci vuole tigna, ci vuole essere un po’ coesi e questa è un’altra cosa che manca molto. Che dire, andiamo avanti, l’unica direzione che ci ha dato nostro signore è andare avanti, quindi non si può scappare da questo, dietro abbiamo toccato, lo spazio è finito quindi andiamo avanti. Video intervista
0 Comments
Leave a Reply. |