MAURO PENNACCHIETTI
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Temporary portraits

Manuele, Mara, Emma

6/5/2018

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Manuele Cacciatori [42], Mara Checchia [31], Emma Checchia [3], Ussita (MC), 6 maggio 2018
Manuele: Manuale Cacciatori, 42 anni, vengo da Roma risiedo ad Ussita da 12.
Mara: Io sono Mara Checchia, ho quasi 32 anni, vengo da Tolentino e sono stata adottata da Ussita da un paio di anni. E poi c'è la piccola Emma che ha tre anni quasi 4.
Emma: Dopo divento come te, dopo divento più alta come papà
Mara: Perfetto, speriamo alta come papà non come me perché sennò… Vabbè, partiamo dal famoso 24 agosto. Notte super inaspettata, presumo per tutti, quella notte io la passavo a Tolentino da mia madre, insieme a Emma mentre Manuele era quassù e… non ricordo l'orario ma insomma è stata…
Emma: …allora…
Mara: …allora tu dormivi fortunatamente e non ti sei accorta di niente.
Emma: Però quand’ero piccola dormivo e non sentivo il terremoto. Quant'ero piccola…
Mara: Quando tu eri piccolina sì. Anche adesso per fortuna non ti accorgi. Mamma invece si è accorta quella notte del terremoto
Emma: Però, però a ieri sera tu ti 6 addormentata, è arrivata una mosca, t’ha pizzicata…
Manuele: …e così non la finimo più…
Emma: …dopo tu l’hai ammazzata e dopo tu ti eri spostata, e dopo l’ape se spostava e ti…
Mara: Senti ascolta a mamma, adesso stiamo parlando di un’altra cosa, non della mosca di ieri sera, facci finire di parlare, dopo racconti quello che vuoi. Va bene? E dicevo: niente, inaspettatissima scossa, per lo meno perché non c'era stato nessun sentore. Quindi ovviamente svegliata all'improvviso da questa grande scossa, corro da Emma, nel frattempo cercavo di chiamare gli altri familiari in casa che dormivano. Non so come ma dormivano. Per cui si insomma, lunga e infinita, molto molto inaspettata, questa è la parola principale. La paura tanta ovviamente e poi come tutti insomma siamo scesi strada, e poi è arrivata la telefonata di Manuele… eh eh eh…
Manuele: Qui ad Ussita l’abbiamo vissuta in maniera un po’ diversa da Tolentino, nel senso che qui l’abbiamo sentita abbastanza più forte, ma per una questione di vicinanza logicamente. La struttura dove stavamo noi c’ha avuto dei danni importanti, però fortunatamente ha retto. Quindi una volta che ci siamo accertati: 1) della struttura che stava più o meno bene, 2) abbiamo sistemato e dato una mano alle persone, perché comunque essendo agosto avevamo comunque villeggianti e quindi c'era parecchia gente a Ussita, 3) abbiamo sistemato messo in sicurezza, più o meno, e cercato di capire problematiche che ci potevano essere in giro per il territorio, riuniti tutti quanti a Ussita. Allora chi ha optato per andare via direttamente per la paura, perché appunto essendo villeggianti andavano via, gli altri invece fortunatamente riuniti in piazza, e nel frattempo, finita questa ondata che diciamo sarà durata un'oretta e mezza o due, non me lo ricordo sinceramente perché erano tante cose tutte insieme… Chiamo Mara per sapere come sta. Cosa bellissima è stata che lei mi ha risposto «Io sto bene, però sai qua c’è stato il terremoto!». È stata bella perché dall’altra parte del telefono gli ho risposto: «Ma, veramente?». È stato un momento insomma abbastanza critico, perché poi arrivavano notizie di quello che era successo dalla parte versante opposto a dove stiamo, nell'ascolano, che comunque erano sono stati rasi al suolo completamente e alcune frazioni con purtroppo anche dei morti, quindi è stata una piccola cosa simpatica che comunque ci ha fatto sorridere, però ecco, subito dopo siamo rientrati in quello che in realtà era successo. Perché senti il terremoto, cioè abbiamo sentito il terremoto ad Ussita, sì! Però l’abbiamo vissuto, magari dico una stupidaggine, nel senso più o meno come quando fu dell’Aquila: l'abbiamo sentito però non ti rendi realmente conto…
Mara: Beh, non sei protagonista fino in fondo
Manuele: Non sei protagonista fortunatamente di quello che realmente è successo. Te ne accorgi dopo e da lì a qualche ora successiva e, appunto siamo stati impegnati col lavoro e a dare supporto alla popolazione di Ussita, e alcuni noi sono partiti per Arquata e Pescara del Tronto, e purtroppo la situazione non era quella che eravamo noi da questa parte insomma. Là c’era un totale crollo delle strutture. Arquata e Pescara sono totalmente rase al suolo. Essendo successo poche ore prima dell'arrivo tiri fuori persone vive, bambina viva fortunatamente. Purtroppo anche morti. Perché purtroppo ha fatto anche questo. Sono cose che ti segnano comunque nella… Tu ti rendi conto di essere stato fortunato, però in realtà ti rendi conto che in un attimo tantissime persone, o casa o peggio ancora hanno perso la vita, e quindi è una cosa che comunque ti rimane dentro. Ti segna, soprattutto. Da là è cominciata un'altra vita, perché logicamente un conto è avere una casa, avere le tue abitudini normalmente che c’hai… cambia. Noi da quel momento siamo stati dislocati al campeggio che c'era ad Ussita, campeggio che sta ad Ussita, al Quercione, perché appunto l'immobile era in attesa della valutazione se era agibile oppure no. Anche se in realtà poi è risultato agibile, però insomma noi abbiamo continuato a stare nel campeggio, dentro a questo bungalow. Eravamo in 4 dentro a un bungalow e abbiamo continuato la vita diversamente da… Mano a mano abbiamo cercato di riprendercela. In tutto questo tempo, comunque, c'erano delle scosse, più o meno forti. Però sentendo gli esperti, chiamiamoli così, dicevano: è normale, succede, è così, sono scosse d’assestamento e tutto fino… fino a che non c'è stato il 26 ottobre. Il 26 ottobre succede questo, almeno a noi la nostra esperienza stata questa: io uscivo dal lavoro, ero a Castelsantangelo sul Nera, mentre rientravo chiamo lei che era andata giù a Tolentino della mamma, perché Emma frequenta la scuola giù a Tolentino…
Mara: Vabbè, per me sono stati mesi, e sono ancora mesi di Ussita-Tolentino, Tolentino-Ussita, per la scuola per il lavoro, per una serie di cose e quindi…
Manuele: …quindi stava giù, erano le 19 e un quarto, le 19 e mezzo, adesso non mi ricordo, la chiamo e dico: «Guarda, io ho finito, sto rientrando su ad Ussita». Mentre stavo al telefono sulla strada che collega Castelsantangelo sul Nera a Visso e stavamo al telefono, lei mi urla e dice: «Terremoto, terremoto» e cade la linea. Io in macchina, stavo in Panda, la macchina del lavoro, ho detto: «Terremoto, Madonna Santa…», perché ho pensato, probabilmente ha fatto una scossa, io non la sento magari in macchina però… Tutto questo parliamo di un raggio di 50 metri di strada, perché appena ho fatto la curva successiva, praticamente dalla montagna è venuto giù il mondo, e là ho pensato: è finita! È finita perché la strada, per chi la conosce, non c’hai scampo perché da una parte appunto c'è la parete della montagna, e veniva giù di tutto, cioè sassi enormi, prezzi di montagna proprio, in mezzo alla strada. Cercavi de schivarli a quel punto c'era dietro a me un residente di Ussita che a un certo punto, stavamo tutti e due per… «Che facciamo?» «Corri!», cioè mi è venuto a dire questo: «Corri!». Dove arriviamo ci fermiamo, perché da una parte c'è il fiume e se sentiva al cadere giù, dall'altra parte ci stava la montagna che veniva giù. Siamo passati sopra a tutto suppongo, qualsiasi tipo di sasso, dal più piccolo al più grande cercando di evitarlo e siamo andati su. Siamo riusciti ad arrivare su ad Ussita, perché una volta arrivati alla galleria di Visso, la situazione stradale era migliorata, quindi da Visso ad Ussita la strada era meglio. Una volta arrivato ad Ussita, mi sono fermato in piazza, mi rapporto con gli altri colleghi, e cerchiamo di fare il punto della situazione: comunque c'era gente in strada, pioveva, quindi una situazione un po’ particolare. Nel frangente vengo richiamato a Castelsantangelo [sul Nera] perché c'era una persona che non dava contatto telefonico, non rispondeva al telefono, stava su una frazione isolata e quindi il collega che stava ancora da solo al momento mi dice: «Puoi tornare qua che andiamo a controllare?» Quindi io ripercorro la strada e mi rendo conto di quello che era venuto giù. Già là ho detto, sono fortunato, è andata bene. Però continui, in quel momento pensi solo “c’è una persona che ha bisogno”, quindi vado da lui: tu metti da parte la tua, sostanzialmente, di necessità. Arriviamo a Castello [Castelsantangelo sul Nera], andiamo a verificare questa persona, la troviamo, per questioni di terremoto, luce che andava via e veniva i vari ponti erano saltati quindi non aveva linea sul telefono, comunque la persona stava bene… Ok! Mentre riscendo, nel frattempo era arrivata la macchina dei soccorsi, quindi Vigili del Fuoco, cioè una serie di persone che ci potevano dare a mano fattivamente. Io ritorno ad Ussita, perché ad Ussita serviva, non sapevo come stava messa… Supero la galleria che collega Visso ad Ussita…
Mara: E sei arrivato a dopo cena…
Manuele: …erano le 21:15 – 21:20, prendo là la seconda scossa, che è quella più forte poi che c'è stata fra le due. Si è ripetuto praticamente l’episodio che avevo vissuto due ore prima: montagna che ti casca sopra, ma tu devi arrivare su, perché comunque è una strada che non ti dà scampo. Quindi stessa situazione di prima: acceleri schivi e passi sopra a tutto, fai danni, se fanno da anni per carità, però cerchi di salvare la pelle, perché tanto non c’era via di fuga. Arrivato a Ussita ci fermiamo. Nel frattempo ad Ussita già c'erano dei colleghi, sia dei Vigili del Fuoco che altro personale, mi fermo davanti alla all'Hotel Cristal che ospitava dal 24 agosto gli anziani di Ussita che stavano dentro. Una delle infermiere che lavora là, Noemi, ci chiede una mano per portare fuori questi anziani, perché comunque l’Hotel aveva subito un bel danno. Nel frattempo, dopo questa scossa che è stata più grande, continuavano le successive. Avendo vissuto al giro di due ore… Come si dice… Il jolly della vita che sostanzialmente ti sei giocato... E quindi dici: Ok. Quindi ci si prepara. La cosa che mi fa sorridere, la luce l’ho vista con un amico, del soccorso alpino, Francesco, che m’ha guardato e che mi ha detto: «Che dobbiamo fare?» ed io gli ho detto «Un attimo France’ che devo capire come sto io» e m’ha detto «Sì, ma tu calmate, ci stiamo pure noi. Che dobbiamo fare?». «Dobbiamo tirare fuori questa gente», gli ho detto «e tocca farlo subito!» Passato un momento, ci siamo dati giù, siamo entrati. Scosse, non scosse, insieme ai Vigili del Fuoco, abbiamo portato fuori questa gente. Purtroppo ancora doveva arrivare la macchina reale del soccorso, quindi piovendo e tutto, cercavamo di coprire le persone con gli ombrelloni, sai quelli del bar diciamo, queste cose qua. Con le coperte appoggiate sopra alle piante per cercare di dargli un attimo di riparo. Mentre stavamo là, arriva una segnalazione da parte di una signora, che il marito non rispondeva dentro casa, quindi ci spostiamo a pochi metri da dove stavamo, per andare a cercare questa persona. Ci rendiamo conto che metà a casa di questo ussitano, di questa persona, era crollata. L'altra parte non stava messa benissimo. I Vigili del Fuoco mi fanno, eh… vediamo, e tutto quanto… Uno dei Vigili del Fuoco dice «Ok, questa persona potrebbe stare sotto. Si deve prendere una decisione». Siamo entrati! A mente fredda dici «Sei un pazzo»: tutte le regole che ti insegnano per il soccorso, per le attività e tutto quanto… in situazione del genere un minimo di sicurezza ce la devi avere. Però ti rendi conto che, anche se non c’hai la certezza che là sotto c'è una persona, però sai che ci potrebbe essere, e tu potresti essere, tu o comunque la macchina del soccorso, quello che la salva. E quindi diciamo che le regole della sicurezza personale, in quel momento, con tutte le emozioni che c’hai, con tutta l'adrenalina in corpo, vanno un po’ a scemare… sostanzialmente svaniscono. Guarda, fortunatamente non c'era, perché era uscito e nessuno se n'era accorto. Stava con la sua macchina, impauritissimo poverino, tutta piena di polvere, sulla strada parallela. Fermo dentro la macchina, giustamente, gli era crollata la casa alle spalle, quindi suppongo che… cioè non è bello… insomma, la paura è tanta, e tante cose… I ricordi e quant'altro… Va a finire bene. […] Nel frattempo arriva, non so come abbia fatto in così poco tempo, perché non mi rendo conto dell'arco temporale perché in quel momento mi si era fermato tutto, arriva l'Esercito, da Spoleto. Non so le domande che mi venivano in mente perché, poi, sentivamo comunicazioni tramite delle radio, perché purtroppo il cellulare si era scaricato, quindi chiunque incontravo che avesse il numero di Mara, gli dico «Avvisate Mara che sto bene, cercate di farle capire che sto bene!» C’avevo anche quel problema, che avevo perso il contatto con tutti quanti, tranne con la radio, con cui potevo stare in contatto ma solo con un gruppo ristretto di persone. Arriva l'Esercito, arrivano le tende. Quindi si comincia sotto l'acqua a montare tende. Si montano le tende, nel frattempo la gente viene, chi spostata al Quercione, chi appunto al momento appoggiato all'interno delle tende, per dare un minimo riparo, vista l'acqua battente che c'era, e abbiamo passato la notte così sostanzialmente: continuano le scosse e quant'altro. Fino a che siamo arrivati alla mattina, che riesco avendo ricaricato il cellulare, riesco a riparlare con loro e sapere come stanno: «Tutto bene, siamo bene, la paura e dormiamo fuori». Lei ha dormito in macchina…
Mara: Parallelamente, da quest'altra parte, per carità a Tolentino si e sentito tutto e tanto, ovviamente mai quanto quassù [ad Ussita]. Però anche lì è stata una bella esperienza pesante. Tornando indietro, tornando al 26 [ottobre], la famosa telefonata in cui io urlo «Terremoto! Terremoto!» e immediatamente l'istinto è stato: corro a prendere Emma. Per cui, per la prima volta ho preso Emma e sono corsa per le scale. Da mamma stiamo al primo piano, quindi, solitamente, istintivamente con Emma è: prendo Emma, luogo sicuro, colonna portante, sotto un tavolo, o un qualcosa del genere. In quell'occasione è stata: fuori! L'istinto stato quello. E sono uscita ancora prima che finisse la scossa, tanta la velocità. Poi Emma non è nemmeno un peso piuma, quindi… istintivamente la forza, ti viene qualunque cosa in quel momento. Una volta uscita provo a chiamarlo e niente, telefono non funzionava, le linee ovviamente intasatissime. Telefono quasi scarico quindi… paura per il terremoto… paura per la bambina… paura per lui che non mi risponde. Passa il tempo, torniamo a casa, mio fratello non c'era in quell'occasione, eravamo io e mia madre. Dico a mia madre «Sbrighiamoci a mangiare e usciamo». Stiamo fuori comunque, dormivamo già fuori… In alcune notti, quelle in cui magari ti prendeva un po’ di più la paura, senti un po’ più qualche scossa, andavamo a dormire in macchina. Era… non lo so, quel qualcosa che magari ti faceva stare tranquillo, comunque ti faceva dormire qualche ora… E per cui gli dico «Mangiamo qualcosa al volo e usciamo». Non facciamo in tempo a uscire, perché per quando eravamo uscite, poi siamo rientrati… l'unica cosa che, quando ho capito che stava arrivando, ho guardato mia mamma e gli ho detto «Eccola!». E gli detto «Mettiti al riparo!». Io sono corsa di nuovo a prendere Emma, e l'unica cosa dove sono arrivata è stata una colonna portante, e mia madre dritta davanti a me nell'altra colonna. Sono stati momenti lunghissimi, infiniti. Ho visto qualunque roba venir giù dentro casa. Avendo un salotto e una cucina open space, quindi tutto aperto, vedevo entrambe le stanze e qualunque cosa è venuta giù. Qualunque cosa si è aperta, qualunque cosa s'è rotta e… Il pensiero in quel momento è «Ce la faccio?» Per cui anche lì, c’hai lei… eh vabbè… [PIANGE] Era tanto che non ne parlavo più…
Manuele: Non me la fa’ partorì, eh!
Mara: Eh eh eh. No, uno adesso magari ne parla in maniera un po’ più viva, cruda. Ecco, mi fa… fa! Da mamma la paura è doppia. Perché paura per te è un conto, paura per un figlio è un'altra. Ho vissuto il terremoto da sola, e ho vissuto il terremoto con Emma e… quando sei con un bambino, tutta te stessa, tutta… tutto è rivolto a loro… quindi… loro sono coperti… tu sei scoperta.  Loro sono al sicuro e tu non fa niente. L'importante è che lo sia lei. Comunque vabbè, passa la scossa, finisce. Usciamo. Paura per me, paura per lei, paura per la famiglia… Continuo a chiamare Manuele e ‘sto telefono continua a non prendere e… Ero rimasta alla telefonata delle sette e un quarto [p.m.]... poi niente, non ero più riuscita a sentirlo in nessun modo. L’agitazione saliva, tanta, però… cerchi di andare avanti e pensi, «Ok, non sta da solo», «Ok saremo fortunati anche questa volta!» E cerchi insomma di andare avanti. Ad un certo punto abbiamo dormito in macchina, tutti in strada… solito copione delle altre scosse… fino a un certo punto in cui iniziano ad arrivare i messaggi e le telefonate da gente di Ussita, tutti i messaggi dicevano la stessa cosa: «Manuele dice di stare tranquilla perché sta bene» e lì senti, dici ok, qualcosa è andato bene insomma e quindi ho aspettato la telefonata. Sapevo che avrebbe telefonato non appena avrebbe potuto. Comunque conoscevo e conosco il suo lavoro, anche se diciamo che, adesso è un po’ cambiato, ma poi comunque sapevo che non appena poteva avrebbe telefonato… Quindi ho aspettato pazientemente, più o meno pazientemente, però ho aspettato tranquilla che tutto andasse bene. Abbiamo passato ovviamente tutti i giorni, io a Tolentino lui quassù, ovviamente lui
Emma: Mamma…
Mara: Amore mamma sta bene. [PIANGE ANCORA]
Manuele: Ammò bene… è un parolone.
Mara: A mamma le è uscita una lacrima.
Manuele: Una lacrima sul viso
Mara: Una lacrima sul viso. Una sola, però adesso va via e le asciughiamo tutte le lacrime, va bene?
Emma: A me non mi è venuta.
Mara: Non ti è venuta una lacrima? Meglio amore mio.
Manuele: Brava.
Mara: Tu devi ridere sempre, tu mica devi piangere.
Emma: Fai vedere la lacrima?
Mara: Te la faccio vedere la faccia.
Emma: Però devi togliere gli occhialini.
Mara: Perché poi mamma sotto c’ha pure la matita.
Manuele: E poi dopo tre giorni che non ci vedavamo…
Mara: Sì, sono stati tre giorni…
Manuele: Intensi. Praticamente.
Mara: Pesanti, pesanti. Lunghi. In una telefonata… […] Tre lunghi giorni… Io nervosa. Molto. Non solo per l'esperienza del terremoto, non solo per la paura, ma nervosa perché lo sentivo poco, nervosa perché non lo vedevo e nervosa perché no non mi rendevo conto di quello che lui stava vivendo e non c'ero. E quindi oltre alla paura, oltre a tutto c'era anche il nervoso per questo, perché la cosa mi dava nervoso. E quando… insomma il 29 credo, o il 28 o 29 ottobre, in una telefonata lui mi dice: «Guarda dice sto solo quassù…» Il tono della voce era un po’…
Manuele: …abbacchiato…
Mara: Sì, insomma, una recitazione che gli è venuta male.
Manuele: Malissimo. Eh eh eh
Mara: Voleva fare il forte, ma non c'è riuscito, e io non c’ho pensato su due volte, quindi ho chiesto a mamma di tenere Emma, e gli ho detto: «Guarda vado un paio di giorni Ussita». Ovviamente lei non me l’avrei mai portata, quindi… Nel frattempo, io, mia madre, lei, mio fratello c'eravamo spostati a casa di un'amica di mia mamma che c’ha una casetta in campagna, tutta su un piano, per cui ci aveva fatto il favore di ospitarci per un po’. Visto che il palazzo di mia mamma non è messo nel migliore dei modi: siamo usciti e c'erano le scale completamente crepate, pezzi venuti giù, quindi poi… Ovviamente, quando siamo ritornati successivamente, ci siamo resi conto di quello che era successo… E quindi il 29, dopo questa telefonata… insomma un po’ così, gli dico «Vengo su. Arrivo.» Lui: «Ma no! Devi stare attenta. Sappi che le scosse ce ne stanno tante.» Insomma, era una sorta di avvertimento, come per dire che la situazione è questa, ma dall'altro lato, conoscendolo, non mi ha detto «No, non venire» e quindi questo mi ha fatto capire che in realtà lui c’aveva bisogno che io arrivassi. E quindi sono arrivata. Sì le scosse ogni due minuti, i nervi a fior di pelle. Sì la paura, ma, sì stavo con lui. E quindi… Poi beh, io ho un grande difetto, chiamiamolo così, a volte mi affido talmente tanto che anche la cosa più pericolosa per me, se c'è lui, non è poi così pericolosa. Diciamo così.
Manuele: Pensa come sta messa. Eh eh eh…
Mara: Eh eh eh… Pregio o difetto non lo so. E quindi ecco, sì la paura… cioè quella situazione da sola non l'avrei mai vissuta, non sarei mai venuta quassù…
Manuele: Nemmeno io, apposta t’ho chiamata eh eh eh
Mara: Con lui è diverso. E quindi insomma, mi sono fatta coraggio e… e sono arrivata. Mio zio e mia zia, che avevano in gestione il campeggio il Quercione, nel frattempo m’avevano chiesto un aiuto, visto che poi tutta la gente di Ussita era, tranne chi se n'era andato, era tutta lì. E quindi mi aveva chiesto, visto che sei qua, insomma dacci una mano… E quindi mi sono messa un po’ al bar, dove ho potuto ho aiutato. Andiamo a dormire il 29 ottobre, tra una scossa e l'altra ovviamente
Manuele: Il 29 ottobre… sembra che dal 26…
Mara: No, vabbè, nel senso: ero arrivata quel giorno, andiamo a dormire la sera un attimino, e… niente, io ho dormito pochissimo. Anche qui qualche parentesi divertente: «Mara, metti il pigiama. È lì.» Io: «Tu sei pazzo! Io il pigiama non me lo metto. Cioè, io così sto e così rimango.»  «Eh, vabbè…» diceva «ormai la scossa grande c’è stata…» Dico: «Vabbeh, io rimango vestita». Erano le 4 della mattina, non riuscivo più a dormire, anche perché poi ho dormito praticamente poco o nulla e quindi… ero fuori dal bungalow tra una sigaretta, una parolaccia, una scossa, un qualcosa e lui ovviamente stanco.
Manuele: Eh eh eh. Io dormivo. Eh eh eh.
Mara: Lui dormiva e io ho fatto dalle 4 alle boh, le 6 credo… più o meno… in piedi di fuori. E poi vabbè rientro e alle 6 suona la sua sveglia, questa sveglia, questa maledettissima sveglia sull'orologio.
Manuele: Io operativo alle 6.
Mara: E lui come apre gli occhi la mattina è operativo. Quindi sento questo bip e non avevo collegato che fosse il suo orologio. Siccome nel bungalow loro avevano delle attrezzature da lavoro, radioline, cose che per me sono arabo, quindi io le vedevo là è per me là rimaneva. Sento questo bip, per me era qualcosa in quella strumentazione che suonava, quindi io vado nel panico: «Manuele, che cos'è?»
Manuele: Manuele che è operativo già alle sei di mattina, a di’ fregnacce, eh eh eh… me ne esco e le faccio «Corri! Sbrigate! Allarme! Sta ad arrivà il terremoto» quindi… Lei, praticamente, il bungalow era piccolissimo, che schizza fuori sul piazzale che avevamo lì di fronte ed io che comincio a ridere. So che è una cosa brutta, però così… diciamo che è stata una delle migliori performance che potevo fare. Logicamente dopo m’ha ricoperto d’insulti, perché giustamente gli ho detto «Ma Mara, è la sveglia che sta sull’orologio». «Sei un deficiente, m’hai fatto preoccupà! Io già sto…» E quindi ha detto: «Adesso ti vesti e andiamo a fare colazione». «Va bene». Quindi mi sono preparato, mi son vestito, tutto quanto, siamo venuti qui in piazza ad Ussita. Siamo andati a fare colazione a La Mezza Luna Club perché era ancora aperto, qui andiamo giù da Rossella [Orazi] e prendiamo il caffè, la pasta, ritorniamo in piazza, fumiamo una sigaretta… Nel frattempo aspettavamo, aspettavo, che arrivasse un collega e Mara me fa «Senti», saranno state le 7 ormai perché siamo usciti alle 6:10 praticamente, me fa «Andiamo a prendere altro caffè» dice «io oggi son…». Ho fatto: «Eh vabbè, lo capisco. Non hai dormito tutta la notte». Quindi ritorniamo da Rossella, a fare diciamo la seconda colazione, ma in realtà prendiamo il caffè e ritorniamo su. Mentre ritorniamo su, Mara aveva parcheggiato la macchina di fianco, sulla strada del cineteatro, qui ad Ussita m’ha detto «Mi sa che la metto un po’ più indietro, perché magari non ci passano…» Quindi esposta la macchina poco più indietro. Mentre stavamo là mi chiama un collega che doveva venire su a lavoro, che veniva Rieti, mi dice «Guarda sto entrando nelle gole della Valnerina» m’ha detto «se succede una scossa, ricordate che sto qua». Io, con bellissimo slang romano, gli ho detto «Non di’ stronzate» sostanzialmente… «Sbrigati a venire, falla finita di fare lo stupido». Da lì a non so quanto, non lo so, là ho capito che stava succedendo qualcosa. Fotografia della situazione del 30 mattina all'inizio della scossa: io mi trovavo sulla strada di fianco al cineteatro, di fronte a me avevo l’allora sindaco, Marco Rinaldi, che stava in mezzo alle sue due macchine perché aveva rimesso a posto il cane, Oliver. Io lo guardavo praticamente. Lui da una parte della strada io di qua, a un certo punto vedevo lui con le macchine che saltavano da terra… Quindi ho immaginato che anch'io stessi facendo lo stesso. Nel frattempo però c'era un boato continuo, che è il classico un boato del terremoto, e Mara mi dice «Ma dove sta quest’aereo?». Io da là mi son fermato un attimo, ho detto, non so perché mi è venuto, ho detto «Questa è qua, ed è grossa». Mentre stavamo là ci scoppia la casina di legno, che era il centro informazioni di Ussita, che stava praticamente alla nostra destra. Proprio esplode, le pareti, e in più viene giù la parete del cineteatro, che Mara avendo spostato la macchina, non gliel’ha presa, perché sennò l'avrebbe presa in pieno. Finita la scossa, c’era una nebbia, un odore forte di polvere, dei i calcinacci, perché c'erano stati tanti crolli e quant'altro. Prendo Mara la porto sulla piazza proprio e le dico «Tu stai ferma qua». Nel frattempo cerco di chiamare il collega… Non mi rispondeva. Dopo un po’ mi risponde e mi fa «Io sono vivo, ma la Valnerina non esiste più». Ok. «Il tempo che riesco a tranquillizzarmi, sto venendo su. Ci vediamo su». Nel frattempo con i Vigili del Fuoco facciamo un giro rapido per le frazioni per vedere quello che era successo. Tutto bene. Una volta che torniamo giù ad Ussita arriva il mio collega e tutto, andiamo con i Vigili del Fuoco a vedere la chiesa di Vallestretta che era pericolante, com’era la situazione e quant'altro, ma niente ancora stava su. Ritorniamo giù in piazza, nel frattempo rivado da Mara e le dico «Tu, che stai a fa’ qua?» E lei me fa: «Ma non me l'hai detto tu di sta qua!» «Sì, nel senso stai qua in sicurezza, poi dopo vai giù al campeggio. Cioè, non è che dove t’ho ho lasciata…» E devo dire che dove l'ho lasciata, là stava! Cioè non ha fatto nemmeno 20 centimetri. Là era e là stava.
Mara: Per ore.
Manuele: Cioè non c’è stata per poco…
Mara: Diverse ore ci son rimasta in...
Manuele: Nel frattempo arriva la comunicazione di evacuazione totale di Ussita. Quindi era stata disposta l'evacuazione totale. Ci rechiamo col collega e i Vigili del Fuoco nella frazione dei Casali. Mentre arriviamo a Casali ci rendiamo conto di quello che stava succedendo, e che era successo. Perché da lì poi le scosse erano veramente continue, non della stessa intensità della prima, ma abbastanza forti.
Mara: Sì, la terra sembrava ribollisse.
Manuele: Sembrava che ci fosse la lava.
Mara: Sembrava una pentola a pressione.
Manuele: Si sentiva proprio l’energia che usciva fuori. La strada di Casali rotta. Tagliata sostanzialmente. Superiamo questo pezzo di strada, arriviamo all'abitato di Casali, cerchiamo le persone dove stavano, la maggior parte erano anziani, anche se erano riusciti a mettersi da una parte ed erano in salvo, il problema è stato cercare fargli capire che dovevamo portarli via. Non sarebbero arrivati in piazza, vediamo come state, ok tutto a posto, tornate a casa. No. Dovete andare via. Quindi, nella situazione che ci avevano le case, cercare fargli prendere al volo qualcosa e andare via… Per…? Non si sa. Ma andare via. In tutto questo, alzando un attimo gli occhi, mentre… Un passo indietro insomma. Mentre arrivavamo a Casali, il Monte Bove sembrava che c'era un incendio, era totalmente coperto da ‘sta nube de fumo dei detriti che aveva tirato giù. Appena si dissolve unpo’ nel frattempo che arriviamo a Casali, ci rendiamo conto di quello che era successo alla montagna. Il Monte Bove che c’ha sostanzialmente salvato, ha detta degli esperti, perché c’erano veri e propri costoni di montagna venuti giù. Un massiccio del genere che viene giù, vuol dire che la botta è stata veramente grossa. Oltre che vissuta, ti rendi conto, oltre le case distrutte e quant'altro, ti rendi conto che una montagna così imponente, che ha avuto le sue ferite, è importante come cosa. Per fare un paragone, a livello di potenza e tutto. Cerchiamo di riuscire a portar via questa gente, queste persone, da Casali, ci riusciamo… tranne che un allevatore del posto che non voleva andar via. Abbiamo cercato in tutti i modi di convincerlo, siamo arrivati addirittura alle minacce, proprio le minacce, ma proprio sostanzialmente dice «Ah, no, ma io sto qua. Non c'è problema, no». Alla fine una residente di Casali ci si arrabbia talmente tanto, proprio con cattiveria, che io sinceramente mi sono spaventato perché non l'ho mai vista in quel contesto… Sono rimasti tutti quanti così… Riesce a convincerlo. «Ok. Vengo giù». Quindi gira la sua macchina e torna giù. Carichiamo tutte queste persone e scendiamo giù in piazza. Nel frattempo in piazza c'erano vari pullman. Chi andava via con la propria macchina, chi stava col pullman. C'era già il Dipartimento Nazionale di Protezione Civile che prendeva, avevano già messo a disposizione tutti gli alberghi sulla costa, e dirottavano prendendo nome cognome, tutti i dati. Dirottavano le persone sui vari alberghi lungo la costa. Da lì in poi Ussita è stata evacuata. Finisce l'interminabile giornata. Logicamente vengono evacuati alla fine anche coloro che erano all'interno del campeggio. Quindi, tutti quelli residenti all'interno del campeggio in quel momento ussitani sono stati portati via, e di conseguenza anche Mara, che mi chiama e piangendo… A mente fredda, da oggi rientra in quegli sketch scherzosi che le faccio di tanto in tanto… mi chiama e mi fa, piangendo disperata giustamente, mi fa «Tu devi venire via! Che fai qua!?» ed io le detto «Il lavoro mio purtroppo comincia adesso, e poi tu pensa ad Emma. Tu devi pensare ad Emma.» le ho detto. «Non ti preoccupare che poi ci vediamo questi giorni.» Quindi riesco a tranquillizzarla, chiedo ad una ragazza di Ussita, per portarla, segui lei. «Guarda, segui lei. E vai via, non è un problema.» Quindi vanno via. Arriviamo alla sera del famoso 30 ottobre, che praticamente qua eravamo rimasti oltre a noi, un dipendente comunale, il geometra Giuseppe Riccioni e altra gente, ragazzi, veterinari, volontari che erano voluti rimanere… Siamo rimasti qua. All'inizio abbiamo dormito, appunto noi avevamo ancora la possibilità del campeggio, quindi abbiamo dormito nel campeggio, chi ha dormito nella roulotte, chi nel camper, chi nella tenda, chi in macchina… insomma, diciamo che i primi giorni sono stati un po’ dove trovo, me fermo. Sostanzialmente, perché questa è stata la cosa. E Ussita, il terremoto diciamo qui ad Ussita, da lì in poi ha avuto un ulteriore sviluppo, nel senso che: 24 agosto c’è stata la scossa, stavamo tutti qua, se ne parlava, quindi rompevi un po’ la paura, no? Perché quello più goliardico, quello meno, che faranno, che succede, no? 26 ottobre stessa cosa si, è successa ma adesso si ferma. Il 30 ottobre, si è successo adesso si ferma… Il problema è che stai a parlare con 20 persone. 20 persone che con cui ha condiviso dei momenti molto delicati, in quelle situazioni di pericolo e quindi non c'è la persona, chiamiamola esterna alle cose, che dice «Vabbè, sì, adesso è finita», perché bene o male sai quello che è successo, sai come funzionerà, sai quello che potrebbe succedere in seguito, e quindi cerchi in altri modi di rompere la paura…
Mara: Di stemperare…
Manuele: … di stemperare la tensione. Quindi niente, durante il giorno si faceva… Perché poi dal giorno dopo logicamente le persone venivano a Ussita. Il problema è stato questo: che essendo evacuati tutti e tre i comuni, era stato fatto un varco di accesso a Visso, quindi da lì non si entrava più. Entravano soli i residenti documentandolo con un pass e potevano veri a Ussita. C’era tutto un… era stato giustamente innescato un servizio di controllo dell'ordine pubblico, antisciacallaggio, e quindi venivano su, tutti i giorni, per prendere qualcosa dove era possibile, o comunque solo per vederla, Ussita, perché comunque gli mancava. In alcuni casi mi metto nei panni, del senso: arrivano, te prendono de casa tua, te sbattono al mare, senza dirti né come né perché… Insomma… Ti manca. Altre cose non le vedevo, perché magari appunto chi vive a Ussita la deve vivere veramente, perché vivere ad Ussita, bruttissima cosa dico, mi uccideranno per ciò… 15 giorni l'anno non è vivere Ussita. Ok? Anche se per alcuni aspetti hanno fatto molto di più chi viene 15 giorni l'anno che altre persone di Ussita… Ma al di là di questo…
Mara: Sorvoliamo.
Manuele: E quindi noi vivevamo così, cioè nel senso, durante il giorno c’era quello che veniva, quindi accompagnato dai Vigili del Fuoco andava, quindi vedevi i residenti, gli scambiavi una abbattuta… «No, quand’è che finiscono ‘ste vacanze?» «Quand'è che tornate?», pur sapendo che sarebbe andata avanti per tanto. Ed è andata avanti ma sembra fino a giugno dell'anno dopo [2017], non mi vorrei sbagliare. Maggio, giugno… adesso non ricordo … Hanno levato, hanno ridotto le zone rosse e hanno levato il blocco a Visso. Però logicamente aspettavamo le SAE [Soluzioni abitative in emergenza] che devono arrivare ad aprile… e invece lavori sono cominciati a fine giugno. Quindi, ok aspettiamo le SAE… Nel frattempo chi dorme nel container, chi dorme nella roulotte, chi dorme nel camper, sempre la stessa la stessa cosa. Per noi ormai era routine, abituati a quegli spazi, abituati a quelle cose minimo indispensabile per lo spazio che tu hai. Fino a che cominciano questi lavori delle SAE si comincia a riappropriare le persone del loro luogo, dove sono nati sostanzialmente, no? Quindi anche se si sono fermati a Ussita ma dentro una SAE, però stanno a casa loro, nel senso comunque stanno nel loro posto, specialmente gli anziani: gli piace star qua, è casa tua e giustamente è il territorio in cui ci son nato e qua ci voglio rimanere. Tutto questo in 2 o 3, non vorrei dire fregnacce, purtroppo li abbiamo persi per strada. Un po’ lo stress, un po’ tutto, purtroppo è capitato anche questo. Molti di loro lo rivisti ringiovaniti da quando sono tornati ad Ussita, cioè più arzilli di prima insomma, ecco… quindi ce li porteremo avanti per i prossimi 100 anni suppongo. Sotterreranno pure a me suppongo… Fino a che poi è arrivata, poco prima di Pasqua, anche la consegna della nostra SAE, e quindi pure noi siamo all'interno della SAE con questa pesciolina [Emma], e…
Mara: … un altro pesciolino.
Manuele: … un altro pesciolino in arrivo… Manca poco più di un mese, è un maschio [Alessandro Cacciatori è nato 5 settimane dopo]. Cercheremo di ricostruire una vita normale, nonostante le scosse continuano, ma ormai non dico essere abituato, però molte volte scherzando con alcuni di noi che ci stavamo, tipo Giuseppe [Riccioni]: «Sopra a 5 manco me alzo». Eh eh eh. Ormai siamo talmente… forse da una parte parli del terremoto, che è comunque una situazione di pericolo e non sai come gestirla, perché è inutile che uno parla e… No! Non si sa gestire! Però sdrammatizzi «Ah, io [se non è] sopra a 5 manco me alzo dal letto…» Ma perché? Perché comunque abbiamo vissuto delle situazioni molto gravi, molto forti, quindi… diciamo ci prendiamo un po’ in giro al terremoto insomma… Prendiamo in giro il terremoto cercando di sdrammatizzare, anche se in fondo sappiamo che quando succede un evento del genere, che succeda qua, o succeda da un'altra parte, chi per lavoro, chi per volontarietà, si deve partire e devi accettare purtroppo il rischio di tutto quanto… Però ecco, ricominceremo questa vita tutti e quattro e via.
Mara: Il 30 ottobre è stata…
Manuele: …una dura prova.
Mara: Guarda, una dura prova, ma nonostante l'ho vissuta ad Ussita è in realtà, l'unica scossa che non ricordo. Ho completamente perso la memoria. Dopo il famoso scherzo che lui m'ha fatto, simpaticissimo scherzo che lui mi ha fatto alle 6 della mattina, e quindi sì, dopo penso un paio colazioni per passare il tempo, e arriviamo in piazza e sento questo boato assurdo, e la mia testa l’ha collegato a un aereo. Al rumore di un aereo che volava a bassa quota, per cui io ho alzato gli occhi al cielo, ho fatto un giro su me stessa, cercando l'aereo, che ovviamente non c'era. Per cui guardo Manuale, faccio «Manuele,» dico «dove sta quest’ aereo? Che è questo rumore?», dando per scontato che fosse un aereo, per cui faccio «Dove sta l'aereo?» e in realtà l’aereo non c’era. Un pregio e un difetto di Manuele, di quando sta con me, è che lui si fa sempre forte, nel senso: cerca di non farmi capire quando c'è il pericolo, ecco perché io spesso molte situazioni le vivo proprio in maniera molto tranquilla perché lui tiene tutto sotto controllo e io non mi accorgo di niente.
Manuele: Io faccio questa cosa con lei. È una cosa reciproca. Lei lo pensa di me, io lo penso di lei.
Mara: Perfetto. Ma in quell’occasione ho visto il suo sguardo. E lì, come dicono, gli occhi non mentono mai, io da quello sguardo ho capito che non avrei dovuto aver paura… di più! Molta di più. Difatti quando gli ho detto «Manuele, dove sta l'aereo?», ho visto la sua faccia, ho capito che lei non c'era, e lì ho sentito il movimento sotto i piedi. Come ho sentito quel movimento sotto i piedi, ho capito che cosa stava succedendo, quando ho capito che era il terremoto, il mio, la mia testa, il mio cervello ha fatto OFF, s'è spento. Io da lì non c'ho più nessun ricordo se non qualche secondo, credo, durante la scossa in cui sento lui che mi prende per il braccio e m’allontana dalla parete di un edificio che stava crollando. Quindi, solo in quel frangente, ricordo solamente lui che m’ha tirato per questo braccio e questa parete che in realtà poi è crollata, una parte non lo so, non c’ho i ricordi proprio lucidissimi e quello è l'unica cosa che in realtà ricordo: buio totale, nero, niente. Io dal 30 ottobre, ogni santissimo giorno, cerco di ricordare quel giorno ma non ci riesco. I ricordi sono sempre gli stessi: noi che arriviamo in piazza, le due colazioni, lo scherzo, la paura, il black out.
Manuele: Comunque si chiama aterosclerosi questa. È certificato.
Mara: Eh eh eh. Si chiama tanta paura. Non lo si chiama… non lo so, è un modo come un altro per…
Manuele: … per combattere la paura.
Mara: … per combattere, per proteggersi, non lo so. Arriva il momento in cui finisce il tutto, vedo, questa grandissima nebbia, sento il pizzicore in gola, la tosse data dal fumo delle macerie, dei mattoni rotti. Mi guardavo intorno e in realtà non sembrava reale: quelle cose che tu dici ok, di solito le vedo nel film, le vedi in televisione, le vedi, le vivi e le senti sempre comunque lontano da te. Si può succedere ma qui no e invece in quel momento, davvero non credevo fosse reale. Cioè guardavo e non… non lo so forse, non ne ho idea, non lo so era tutto surreale. Arriva Manuele mi prende del braccio e mette in piazza, in sicurezza, e mi dice «Tu rimani lì!» ed io lì sono rimasta, non sono riuscita a fare un passo più avanti o un passo più indietro: nella mia testa c'era, intorno a me, c'è il caos m’ha detto di star qui, è questo è il posto sicuro per me, senza poi rendermi conto ovviamente che non era quella mattonella il posto sicuro, ma non lo so… in quell'occasione in quell’esperienza, la testa quello m’ha detto. Ho ovviamente vabbè, chiamato mia mamma cercando di capire come stavano, insomma come stavano i miei familiari, in primis come stava Emma… vedevo lui ogni tanto che passava avanti e dietro e mi faceva cenno con la mano, come per dire rimani ferma lì: io alzavole mani come per dire «Io qui sto qui, qui rimango, tranquillo». E poi a un certo punto, me vanno gli occhi sulla macchina, sulla mia macchina… macchina che sto ancora pagando tra l'altro, come tutti, come la maggior parte degli esseri umani e guardo la macchina e mi rendo conto che stava sotto la parete, cioè l'avevo parcheggiata sotto quella parete che poi in realtà avevo visto venir giù! Doppiamente in panico «Oddio la macchina!». Da lì realizzo di aver fatto una cosa stranissima il giorno prima quando era arrivata: io sono arrivata, ho parcheggiato la macchina, ho spento la macchina, poi a un certo punto, non c'era in realtà un motivo perché, avevo spazio avanti, avevo spazio dietro, la macchina non dava fastidio, l’avevo messa bene… io ho riacceso la macchina e non messa forse mezzo metro più avanti, un metro più avanti? Non di più! Non c'era un motivo per cui io l'ho fatto, per cui sono andata mezzo metro più avanti, ho spento la macchina, ho tirato il freno a mano e sono uscita. Il 30 ottobre mi rendo conto che quel mezzo metro più avanti ha salvato la mia macchina, perché quel muro è caduto esattamente dietro la mia macchina, cioè ha preso tutto quello che c'era da dietro la mia macchina in poi ma non ha preso la mia macchina! Quindi ho detto, vabbè nella tanta sfortuna un minimo di fortuna ce l’abbiamo avuta. Per cui vabbè, anche lì, cerchi di tirar fuori l'aneddoto più positivo possibile insomma, o divertente. Da lì un collega di Manuele mi accompagna al campeggio perché non era in grado di…
Manuele: … di intendere e di volere…
Mara: … di portare la macchina. No, sì, non ero… Già il fatto che non potevo prendere la macchina perché c'erano erano tutte le macerie della parete per terra e quindi la mia macchina non poteva uscire. Cioè passavano le jeep sopra i sassi ma la mia l'avrei disintegrata, perché è una povera punto, una semplicissima Punto e sopra le macerie di quella portata non ci passava. Quindi un collega di Manuele mi accompagna al campeggio e lì mi sono resa conto che, dove mi hanno messo su a rimasta in mezzo al campeggio, in mezzo ferma esattamente come avevo fatto in piazza, che ero rimasta 2-3 ore ferma sullo stesso punto, ho fatto la stessa identica cosa il campeggio: mi sono immobilizzata in mezzo, guardando dove non mi poteva venire sopra niente, anche perché le scorse erano un continuo, sentivi questa terra ribollì sotto i piedi, quindi ho trovato quel punto che era sicuro, e io sono rimasta lì per ore, ore ed ore. Parlo di… credo 6 ore… 5 o 6 ore? Ed io sono rimasta lì, non ho mangiato, non ho bevuto, non ho avuto il coraggio fare pipì in bagno, non ho fatto niente: io sono rimasta esattamente lì dove stavo. Ero esausta. Ero esausta ma non lo so la testa quello che in quel momento… ogni tanto vabbè arrivava mio zio, arrivava mia zia, arrivava qualcuno che conoscevo… mi chiedeva se era tutto a posto e la mia risposta era sempre «Tutto bene», «Tutto apposto» purché non mi facessero spostare da dove stavo, perché per me quel…
Manuele: … era sicuro…
Mara: … 20-30 centimetri per me erano sicuri per cui lì sono rimasta, fino a che ovviamente non hanno tolto le le macerie da vicino alla macchina, fino a che non magari non mi hanno riportato in piazza fino, a che non sono riuscita a prendere la macchina alle, credo, sei del pomeriggio e alle sei pomeriggio sono riuscita a ripartire e tornare, ovviamente io insieme a tutti gli ussitani, i tre paesi [Castelsantangelo sul Nera, Ussita, Visso] insomma che venivano evacuati… E anche lì, risalutalo a data da destinarsi. Cicchettato per il telefono sempre carico, perché almeno il telefono deve essere carico, dico non facciamo come il 26 [ottobre] per cui anche lì abbiamo vissuto lui quassù, io laggiù… Ovviamente io quassù non potevo salire nemmeno volendo, quindi aspettavo sempre quei, inizialmente, pochi e rari momenti in cui lui riusciva comunque a sganciarsi da quassù o aveva qualche giorno o qualche ora di riposo e quindi lui scendeva… Per cui abbiamo vissuto il consecutivo anno, credo, non so quanto sia durata più o meno, con in questa modalità insomma: quando lui poteva scendeva e… nel frattempo c'erano le scosse, nel frattempo insomma… Però giustamente lui diceva «Ah le tue a Tolentino sono scosse?»
Manuele: Memore sempre del 24 agosto.
Mara: Certo.
Manuele: Te chiama, te dice «Sai? Qua c’è stato il terremoto.»
Mara: Eh eh eh…
Manuele: «Grazie al cazzo». Eh eh eh…
Mara: E poi niente. Ci siamo adeguati. Più che potevamo, nel migliore dei modi e come diciamo sempre… Siamo riusciti a venirne fuori nel miglior modo possibile. C'è chi non… non è riuscito magari a tollerare il terremoto, comunque le reazioni sono tante poi delle persone, quindi chi in un modo chi in un altro, però diciamo che noi ce l'abbiamo messa tutta insomma. Abbiamo cercato di uscirne più positivamente possibile, abbiamo imparato tanto o perlomeno, una delle cose che abbiamo imparato è stata: viviamo giorno per giorno. Abbiamo capito che oggi siamo qua, domani anche… però magari c'è sempre quel qualcosa che può succedere, quindi...
Manuele: Nel frattempo può cambiare qualcosa…
Mara: … ecco viviamo abbastanza alla giornata, quindi, per carità i nostri progetti, i nostri desideri, e le nostre cose le portiamo avanti, ma con una consapevolezza diversa rispetto a prima. E quindi, insomma, siamo arrivati ad aspettare tanto questa famosa SAE, che adesso è arrivata, per… chiamiamolo qualche piccolo problema insomma… per il momento ci hanno dato questa… questa più piccolina… ma appena possibile ce ne daranno una un pochino più grande, quindi… molto diplomaticamente diciamo che tra un po’ ci sposteremo in una cameretta dove anche i bimbi avranno una loro camera, anziché essere tutti nella stessa camera.
Emma: Voglio il fratellino.
Mara: Vuole il fratellino anche mamma, s’è tanto stancata di questo pancione, eh eh eh
Emma: Io voglio il bimbo che esce fuori.
Mara. Vuoi il bimbo che esce fuori.
Manuele: Comunque durante la permanenza qua ad Ussita quando appunto non c’era nessuno, quando venivano su loro, perché veniva su anche Emma, abbiamo passato il Natale, il Capodanno qui ad Ussita, dove mangiavamo nella casetta di legno e la sera quando tornavi, chi ti dava la forza erano loro. Nel senso, c'erano anche l'altra Emma e Diego che sono i figli degli allevatori Stefano [Riccioni] e Michela [Paris] qua di Ussita, quando rientravi e vedevi loro giocare, logicamente spensierati perché non è che capivano realmente quello che era successo, anche se secondo me lo l'hanno capito e lo capiscono bene, però li guardavi e ti passava tutto. Ti passava la fatica della giornata che avevi fatto, tutto quanto, perché li vedevi ridere, scherzare, che correvano… e parliamo di un ambiente di venti metri quadri, forse? Quindi… è stato quello e là abbiamo passato fino a che non è stata riaperta… appunto tutte le festività, quindi Natale abbiamo passato lì dentro, Capodanno l’abbiamo passato lì dentro, la Befana, Pasqua… cioè tutte le festività finché mano a mano, arrivati ad oggi quindi, dopo due anni, cercare di riappropriarci di una sorta di vita… di ricominciarla, come deve essere. Io ad oggi cerco a lei di metterla là fuori e dire «Ferma qua, non ti muovere!» ma invece rientra…
Mara: Ah ah ah
Manuele: Devo dire che funziona solo col terremoto, perché... niente. Più ci provi… niente! Dico ma come? Perché? E vabbè, devo aspettà…
Mara: Niente! Non devi aspettare niente! Ah ah ah!
Manuele: Ah ah ah! Devo aspettà…
Mara: Niente, rientro. Rientrerò sempre. Nel mentre, sì concordo, nel senso che è stata…
Manuele: … che devi aspettà!
Mara: Che cosa?
Manuele: E che ne so, hai detto «Concordo»
Mara: No. Non sullo stare fuori. No, è vero, nel senso che abbiamo passato le festività e tutto il resto insomma in quella piccola casetta di legno, però anche l'insegna. Si lavavano i piatti nella vasca del bagno, cosa che prima non l'avresti mai nemmeno mai pensato. Dici, dove li lavo i piatti? Nel lavandino e lì non c’avevi un altro posto se non la vasca, abbastanza grande…
Manuele: E nonostante tutto abbiamo tenuto un livello di pulizia dentro quella casa…
Mara: Sì, è vero anche questo…
Manuele: Nonostante tutto quello c’era lì attorno, logicamente dopo quello che era successo, siamo riusciti ad avecce veramente…
Mara: Vabbè, è Mastrolindo che parla. Il maniaco della pulizia.
Manuele: Tutti quanti c’avevano il loro compito.
Mara: È stata… anche quello è stato un bel periodo, se poi tirando sempre ovviamente fuori il lato positivo delle cose. Perché è giusto che ci sia anche questo, perché se a mio avviso se una brutta esperienza non tira fuori il lato positivo e rimane solo esclusivamente una brutta esperienza, poi è difficile superarla, quindi… Diciamo che aiuta. Anche quello ovviamente è stato un bel periodo…
Manuele: Abbiamo poi dei bei ricordi e l’ha immortalati Penni [Mauro Pennacchietti], quindi…
Mara: Giusto.
Manuele: Se non ci fosse stato Penni, e non avessimo conosciuto Penni, eh nessuno ci avrebbe immortalato, no? La salsicciata… Ma potevamo fa i terremotati?
Mara: Manuele che gira le salsicce…
Manuele: E tu ci immortali mentre sbraciavamo, i cosi… Cioè se devi fa il terremotato, devi esse triste, appoggiato così… cazzarola… e invece no, sempre a fa la brace… ma te lo devo insegnà io come se fanno le foto?
Mara: Abbiamo conosciuto, cioè io personalmente ho conosciuto un sacco di persone nuove e vabbè, adesso a distanza di due anni se ne parla abbastanza col sorriso, in quei momenti… ci sono stati dei momenti in cui dici questo è un incubo, non ne vengo fuori. Però va bene, adesso ci siamo. Adesso per lo meno è passata, per lo meno ci abbiamo anche un… siamo reduci da un'esperienza che comunque ha insegnato, che comunque ci aiuterà in futuro, mettiamola così. Poi niente ecco aspettiamo, aspettiamo il piccolo dinosauro che esca e niente… Si va avanti insomma ognuno, ognuno a modo suo e… la nostra piccola famiglia diciamo è ripartita. Mettiamola così. Adesso siamo insieme e questo è quello che conta. Stare insieme alla propria famiglia, quindi… questo è. [RIVOLGENDOSI AD EMMA] Giusto? Stare tutti insieme è la cosa più importante, è vero? Boh.
Manuele: [FACENDO IL VERSO AD EMMA] Se lo dite voi? Perché a me non me sembra proprio così.
Emma: Sì.
Mara: Tu non ci vuoi stare con le persone cui gli vuoi bene? Con Mamma e papi?
Manuele: No. Lei vuole stare con nonno Michele, eh eh eh
Emma: Io voglio stare con Margherita…
Manuele: Che è la zia…
Emma: … con nonno, con zio Rinaldo, Emma e nonna e basta.
Manuele: Apposto.
Mara: Mamma e papà…
Manuele: Mamma e papà niente. Ok.
Mara: Perché tutti la coccolano e tutti la viziano e tutti le fanno i regali. A differenza di mamma e papà, quindi…
Emma: Io sono di Margherita, di nonno, di zio Rinaldino, e dopo sono di Margherita…
Mara: E sì, ricominciamo da capo
Emma: Io sono… questa è Margherita, questo è nonno, questa è Emma e questa è nonna, e mamma e papà mi fanno i regali.
Mara: Mamma e papà ti fanno i regali.
Manuele: Ah. Eh.
Mara: Insomma, siamo un portafoglio
Emma: Quindi mamma vede qualcosa, dopo la riporto qui.
Mara: Mamma per l’ennesima volta si alza. Perché non facciamo alzare papi?
Manuele: Perché ho preso forma col divano.
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